di Lucia Magni
Carla indossa il mantello dell’invisibilità ed esce lentamente dalla macchina.
Cammina piano, in ordine, come su un filo immaginario seguendo l’istinto: sa qual è la destinazione ma non il percorso che la porterà lì.
Fuori è freddo, umido, ad ogni passo cerca di non far rumore.
Ripercorre la strada della sua infanzia: ogni mattonella ha un suo ricordo.
Le finestre raccontano storie di famiglia, di solitudine, di speranze a volte accese… altre dimenticate in un cassetto.
La signora Claudia impasta il pane, lo stesso movimento e la stessa cura da 28 anni, o per lo meno da quando Carla ne ha memoria. Le sue focaccine dopo scuola la nonna gliele dava di nascosto, se no poi mamma chi la sentiva se a cena non aveva più fame.
Fabio indica i quaderni della sua piccola libreria con quelle dita lunghe e affusolate: “Prendi quello lì a quadretti Gabriele, il rosso va di moda quest’anno! Ci sono anche gli adesivi dentro.”
“Gli asparagi non sono di stagione signore, ma mi sono arrivati dei mandarini che deve assolutamente provare!”
Lisetta guarda lo specchio mentre scioglie i soliti bigodini alla signora Mara. “Che ne dice?” Ogni giovedì la stessa identica scena: “Mi piacciono Lisè, ma la scorsa settimana erano più gonfi”.
Da casa di Kevin e Paola esce un profumo di pollo arrosto e patate al forno.
“Mi fermerei volentieri a cena” pensa Carla, proseguendo.
Attraversa il parco, muove l’altalena immaginando di cullare qualcuno.
“Ti avevo detto che questa sarebbe stata l’ultima volta! Basta! Non ce la faccio più!”.
Dal primo piano del palazzo bianco arrivano come un fulmine, scandite e dure queste parole: l’ennesima litigata.
Le case si costruiscono con i mattoni e si buttano giù con le urla.
“Quante volte questa città ci ha ascoltati? In silenzio ha osservato, ha compreso. Quante ruote di bicicletta hanno lasciato la loro scia sulle sue strade? Quanti passi veloci e stanchi si sono appoggiati su questi marciapiedi? Quante panchine hanno sorretto la nostra adolescenza?” pensa Carla tra sé e sé.
“Sono arrivata.
Sono più di 3 anni che non venivo qui” realizza.
Carla nota subito una cosa strana: da quando lei e la sua famiglia hanno dovuto lasciare questa casa, i nuovi inquilini non hanno messo più tende.
“Si vede camera mia”.
Lo specchio è sempre al solito posto, il colore delle pareti è blu, prima era arancione.
Il balcone ospita delle piante verdi e alte…
Improvvisamente si accende la luce a forma di fiore, una bambina bionda e riccia sbuca abbracciando il suo peluche.
Carla sa che è arrivato il momento di andare: gli occhi le si riempiono di lacrime e sorride, guarda in basso, poi di nuovo alla finestra: “Buona vita, piccola.”
E tu, sei mai tornata nella tua città dell’infanzia con il mantello dell’invisibilità?
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