di Elisa Guidotti
Fiducia.
Pensando alla parola FIDUCIA la prima immagine che mi viene in mente è la fotografia delle mani intrecciate di due donne. Una è bendata e si affida all’altra, che si prende cura di lei. Sta attenta che non inciampi, che non vada contro oggetti che possono farle male.
Questa è un’attività che mi è capitato spesso di fare durante le formazioni di Educatori Senza Frontiere, e ogni volta è diverso. Le persone sono diverse. I luoghi sono diversi.
Ma il cammino sembra essere lo stesso. Il modo in cui ci si mette in viaggio è simile, da una volta all’altra. Inizio diffidente, perchè non ti conosco.
Poi inizio a fidarmi di te, ad affidarmi.
La fotografia si trova nell’album di Facebook di ESF
ed è stata scattata a Settembre del 2019, durante il weekend della Valutazione Viaggi.
Un incrocio. Come un incrocio qualsiasi di strade della nostra città. Due o tre strade che si incontrano, strade che hanno nomi diversi e arrivano lì, proprio in quel punto che poi chiamiamo incrocio. Che succede anche che cambiano i nomi delle strade, che si trasformano in una piazzetta o in una rotonda. Un incrocio che si veste poi di semafori, che si colorano in base alle indicazioni che vogliono dare. Si veste di strisce pedonali perché solo lì le persone possono passare da una parte all’altra della strada. Un incrocio delimitato da palazzi alti o case basse o da alberi sul lato destro e sinistro. Un incrocio di strade che dà vita a altre direzioni, ad altre destinazioni. Dove vorrei andare?
Incroci di rami, come quelli degli alberi che vedi quando apri la finestra. Sono cambiati, i rami, in questo tempo. Erano spogli, adesso sono rivestiti di piccoli fiorellini bianchi e di foglie verdi. Sembrano essere così fragili, cullati dal vento. Ma resistono, continuano a reggersi ai rami e i rami sono ben saldi ai tronchi e i tronchi alle radici. Ecco, gli incroci e la forza delle vecchie radici che riescono a sostenere anche le giovani e nuove vite di foglie e fiori. Che poi tornano a essere spogli, vuoti e in attesa.
Incrocio di colori. Basta aprire la finestra e li vediamo quei colori. Un cielo azzurro, attraversato da nuvolette leggere bianche o nuvoloni carichi di pioggia. I colori delle strade durante questi giorni, che sembrano non cambiare mai dal loro grigio. E poi invece eccolo lì, quel cappotto rosso della signora del piano di sopra mentre passa piano sotto la finestra per andare al supermercato più vicino. Oppure il cappello bianco di un ragazzo che passeggia con il proprio cane. Alzi un attimo lo sguardo ed eccoli lì, tanti incroci di colore degli arcobaleni che decorano i nostri balconi in questo tempo. Il rosso, l’arancione, il giallo, il verde, il blu e il viola che si stringono forti in un abbraccio.
Incroci di parole. Parole che ascoltiamo attraverso degli schermi, le parole che leggiamo sui libri che ci tengono compagnia in questo tempo di tempo sospeso. Le parole che scriviamo perché rimangano lì, a ricordarci di come eravamo e come vorremmo essere. Le parole che poi regaleremo agli altri, di persona, davanti a un caffè di un tavolino del bar. Gli incroci di parole che fanno paura, che mettono agitazione, preoccupazione. Dove sono le parole leggere?
Incroci di sguardi, di passi veloci e di suoni silenti. Dove sono finiti i sorrisi che ci regalavamo? Dove sono le risate di un giorno leggero, quelle risate rumorose e dolci? Sono ancora lì, sono solo nascoste, per ora, dietro a una mascherina bianca e a un metro di distanza. Ma ci sono ancora, i sorrisi. Ci sono gli incroci di sguardi che ci riscaldano la giornata, che ci dicono che dobbiamo essere forti e guardare al futuro. Sguardi che ci guardano dritto negli occhi, nella lentezza dei passi di questo tempo. Passi pesanti e faticosi, ma mai così vitali. Passi silenziosi, come silenziosa è diventata la nostra città. Sembra voglia urlare, la mia città. Ma io non riesco ad ascoltare.
Incroci di vita. La mia, la tua. Vita che è diventata speranza di un noi diverso, di un’umanità che è capace a non arrendersi e di tendersi la mano. Un’umanità che sa ascoltare, dopo tanto silenzio. Che sa rispettare gli spazi, dopo aver abitato in piccole case. Che sa rispettare l’altro, dopo che per questo tempo l’altro non abbiamo potuto abbracciarlo. Che uomini vogliamo essere, domani?
Incroci di mani. Che sostengono, che sorreggono. So che ci sei, anche se zoppico e il mio passo è incerto. So che tu ci sei, nonostante questo tempo nonostante non riesca a vedere lontano. Nonostante le parole sembrano diminuire, diventare più piccole e sbiadite.
Io so che ci sei, con la tua stretta forte e delicata. Con i colori dei tuoi braccialetti. Con il tuo passo sicuro, che protegge il mio. Con gli occhi chiusi, che vedono lontano.
Mi fido di te. Mi fido di noi.
Ho fiducia che questo tempo è un tempo per noi. Che continuiamo a camminare insieme, negli intrecci della vita.
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