Quest’anno gli educatori e le educatrici senza frontiere non partiranno. Ci prenderemo il giusto tempo per rigenerarci ed essere pronti a preparare nuovamente lo zaino e portare avanti i nostri progetti in giro per il mondo.
Vogliamo però raccontare i nostri viaggi, partendo dalle foto più significative.
Buon viaggio insieme a noi.
Scritto da Cristina Mazza
In un teatro buio e freddo, in un paese lontanissimo da dove abito ai confini dell’Italia, quel paese che guarda il mare e che ci confonde nel nome di un continente solo cambiano la vocale finale da 0 ad A.
Era freddo me lo ricordo bene, e io cantavo una canzone di Eugenio Bennato e le persone che erano con me con tanta delicatezza mi hanno chiesto di smettere, forse l’intonazione non era quella giusta?
Poche persone, gli amici per lo più, ma tante facce scure incuriosite da quegli educatori scesi da una città lontana, dopo un viaggio infinito per arrivare ai confini del mondo a “fare cose” apparentemente senza senso.
Ma poi, di quale lungo viaggio stiamo parlando? Noi che abbiamo preso un comodo aereo e un comodo pullman e quelle facce scure con gli occhi chiari che hanno attraversato il mare per partire da un paese il cui nome finiva con la A per arrivare in un altro che finiva con la O.
Lì a guardare canti balli e cottilon, con la pretesa di coinvolgerli in un mischione apparentemente senza senso ma che ha preso corpo e anima man mano che i quadri teatrali prendevano forma.
Un telo e ombre cinesi, a rappresentare la vita di ognuno in pochi minuti.
L’immagine di in una figura umana, in un quadro bianco mossa da un dito mi rimbalza ancora adesso a distanza di anni, rimandando il pensiero ad un destino segnato.
Uomini, donne, bambini, giovani e adulti, inconsapevoli delle sorprese della vita ma segnati da un destino che non ci appartiene se non con la ricerca della consapevolezza di ciò che siamo e di ciò che vogliamo. Un destino segnato e guidato non nelle azioni ma nelle intenzioni.
Ancora oggi trovo che quella figurina nera su un quadro bianco guidata da un dito, non dalla forza di una mano, ma dalla delicatezza quasi invisibile di un dito, che guida azioni e pensieri malgrado la nostra inconsapevolezza, sia straordinaria nel mio disegno di vita, anche a 50 anni suonati.
Mi sorprendo a sorridere quando cerco di immaginarmi quel dito nella sua forma e nella sua forza, ma soprattutto a domandarmi….”a chi apparterrà?”… lascio che la vita di ogni giorno arrivi con la sua risposta.
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