Recensione di Anna Digliglio
andava sempre a rintanarsi negli angoli più appartati, con la speranza , però, che qualcuno prima 0 poi la trovasse.
Hajime, figlio unico, vive gran parte della giovinezza in solitudine.
Potei definirli anni di “congelamento”. Mi rinchiusi ancora di più in me stesso, passeggiavo da solo, da solo andavo in piscina, ai concerti e al cinema …
A volte riaffiora il ricordo dell’unica amicizia infantile perduta, altre volte il ricordo dell’unico amore adolescenziale deluso.
L’incontro con la futura moglie riaccende in Hajime quel magnetismo che non provava da tempo e segna l’inizio di una nuova vita, ora piena di emozioni e soddisfazioni.
All’improvviso però, ecco ritornare dal passato rimpianti e rimorsi: qualcosa si spezza e la mente entra in uno stato confusionale, dove la verità si mescola a un ricordo illusorio.
La solitudine cerca nuovamente di occupare tutto lo spazio possibile.
Ma quando l’amore appoggia delicatamente la sua mano sulla nostra spalla, siamo finalmente pronti all’alba di un nuovo giorno.
Quella di Hajime non è la storia di eventi eccezionali, ma è il racconto di fatti che accomunano la maggior parte delle persone: l’infanzia, la famiglia e i primi amici, l’adolescenza, la scuola e i primi amori, l’università, le aspettative e i sogni, l’età adulta, le responsabilità e il lavoro.
Ma con l’aiuto di Hajime, Murakami si spinge oltre la quotidianità per affrontare gli affanni della mente: i dubbi sulle scelte prese, i sensi di colpa per gli errori commessi, le occasioni sprecate.
Murakami ci insegna ancora una volta che le difficoltà dell’animo possono essere affrontate solo se ci si allontana dalla solitudine che, greve, tenta di spingerci in una realtà distorta.
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