di Simona Boschi
Offrire: dal latino offĕrre, composto da ob ossia “verso” e fĕrre cioè “portare” 1.verbo transitivo. Mettere qualcosa , materiale o no, di utile o gradito a disposizione di qualcuno; manifestare con parole o con atti tale intenzione. 2. riflessivo. Con soggetto di persona, mettersi a disposizione di altri; offrire l’opera propria, i propri servizi.
Quest’estate con Educatori senza Frontiere sono partita verso Roma, terra che è vicina a casa mia, ma è proprio lì che inaspettatamente ho incontrato il mondo. In collaborazione con la comunità di Sant Egidio io e le mie compagne di viaggio abbiamo visto e toccato realtà molto diverse fra di loro, tutte però collegate da un filo comune: l’offrire.
Ho visto residenze che ospitano gruppi di persone anziane, con problemi di disabilità o che non hanno una fissa dimora, case dove ognuno offre ciò che può e tutti insieme collaborano per un obiettivo comune. Ci sono persone che hanno messo a disposizione la propria casa, persone che mettono a disposizione la propria pensione. Ho visto lavoratori offrire il loro tempo libero per non lasciare sole queste persone in difficoltà, medici e infermieri offrire la propria professionalità a chi più ne aveva bisogno, senza però un vero riconoscimento professionale. Ho visto persone offrire le proprie energie e capacità per aiutare chi veramente ha bisogno di un aiuto. Ho visto umanità.
Ho incontrato persone che mi hanno offerto la loro storia, così perché spontaneamente sentivano di farlo, persone che mi hanno offerto accoglienza e ospitalità, pietanze dal gusto lontano e bevande calde, una lingua così sconosciuta ed una danza così ammirata, ascolto e dolcezza, persone che mi hanno offerto il loro incontro e le loro emozioni. Ho incontrato umanità.
E poi ci sono loro, i bambini del campo rom di Castel Romano che hanno partecipato alla Summer School, loro che sono gli ultimi fra gli ultimi, gli emarginati anche fra gli emarginati, loro che più di tutti mi hanno offerto umanità. Con le loro forti provocazioni, la loro volgarità, i loro occhi così carichi di un vissuto che nessun bambino dovrebbe avere, con la loro voglia di giocare, la loro voglia di normalità. Con il loro stupore dopo aver ricevuto un gesto d’affetto, con la loro preoccupazione al vedermi piangere e con la loro meraviglia nel vedere che le cose non vanno sempre come pensano, come loro conoscono.
Mi hanno offerto una cultura diversa, un punto di vista diverso, molto diverso rispetto al grosso macigno di pregiudizi che è stato creato e che da generazioni si tramandano e si devono portare dietro.
Durante questo viaggio anche io e le mie compagne abbiamo messo a disposizione, a tutti coloro che abbiamo incontrato, ciò che potevamo. Abbiamo offerto rispetto, ascolto, presenza, pazienza, assistenza ma soprattutto umanità.
Ma il viaggio non finisce qui, la parte più dura, forse, deve ancora cominciare; ora che sono rientrata a casa, nella mia quotidianità di luoghi, persone e routine, voglio offrire alle persone ciò che è stato offerto a me durante questa esperienza, voglio offrire a tutte le persone che incontrerò sulla mia strada un punto di vista diverso.
Offrire loro un pregiudizio in meno e donare invece un po’ di umanità in più.
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