di Elisa Penna

I nostri passi si susseguono lungo il cammino, ci accoglie l’ombra degli alberi, il sentiero percorre i boschi, l’andare è piacevole. Cammino per quasi tutto il tempo accanto a V.
mi parla dì sè, della sua vita prima della comunità, mi dice che quelli che stiamo percorrendo sono i suoi luoghi, i suoi profumi, mi fa vedere dove ha svolto tirocinio e il parchetto dove si fermava a magiare durante la pausa pranzo. Mentre si racconta V. guarda davanti a sè, proseguendo il cammino con passo sicuro.
Mi racconta di quando faceva uso di sostanze, mi dice che è sempre stata attratta dal rischio perchè solo lì si sentiva viva.
V. Si racconta in cammino, con un bastone in mano che un pò la sostiene e un pò segna il ritmo del suo andare. Io, invece, che nell’ascoltare la sua storia, vorrei sedermi un attimo a respirare. V. Racconta così la sua storia come una roccia che racconta di sè ad un fiore.
V. sa, sa molte cose, sa molte cose che io non so.

Durante il cammino incontriamo tantissimi campi e case di campagna, V. mi dice che quelli che vediamo sono poderi, pezzi di terra dove abitava il contadino con la sua famiglia e, guardandomi negli occhi con i suoi grandi occhiali, mi chiede: “Sai perché gli animali nei poderi stanno sotto la case del contadino?”
“Non lo so” rispondo.
“Perché gli animali emanano calore, il calore va verso l’alto e d’inverno riscalda tutta la famiglia”.

Questa risposta mi scalda il cuore e mi sorprendo a pensare che ci vorrebbe sempre qualcuno che produce calore alla base perché se si hanno le fondamenta calde anche le pareti lo sono e poi anche il pavimento e tutta la casa e anche le persone che ci abitano potranno sentire il calore di casa salire dalle fondamenta al tetto.

Alla fine del cammino, si torna a casa. Casa è la comunità Exodus di Cavriana.
Io e Valeria, mia compagan di viaggio, stiamo ancora 4 giorni a Cavriana, insieme alle ragazze scegliamo foto da mettere sulla bacheca, ci doniamo le utlime parole e ci ringraziamo per i passi fatti insieme dei giorni appena trascorsi.
Due giorni prima della partenza mia e di Valeria, osservo V. con il suo solito librone vicino, sopra il tavolo da ping- pong. Non sta leggendo ma sta facendo qualcosa che non capisco, che non so. Mi avvicino: V. sta mettendo in fila tutti i ritagli scartati delle foto scelte per la bacheca della Carovana. I ritagli sono riposte in tre file, una sopra all’altra. C’è la base, il piano e il tetto.
Mi dice “voglio farne un quadro e appenderlo in camera”. La guardo con un sorriso.

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