Scritto da Ilaria Stragapede

Ho deciso di riportare una pagina del mio diario, scritta in un momento particolare.

“Stiamo per partire, stiamo per continuare il nostro viaggio. Questa volta però per mare. VIAGGIO: il tema che abbiamo deciso di dare a questo campus. Viaggio che significa scoperta, incontro, diverso, cambiamento,domande, semplicemente andata, ritorno, viaggio che significa conoscere. Fino ad oggi abbiamo viaggiato guidati dai nostri piedi. Abbiamo incrociato sguardi, abbiamo imparato a conoscerci, a dare valore ai silenzi, alle poche parole e a quelle piene di emozioni. Abbiamo viaggiato, sì viaggiato.

Adesso però non è più la terra, non saranno più i nostri piedi a guidarci, ma sarà il vento, sarà la vela, saranno le onde.

Penso alle parole di A. che pochi giorni fa mi ha emozionato dicendo: “andare in barca è un po’ come vivere la vita”. È così. In barca ci si aiuta, in barca si ha paura ma questa si supera. In barca ci si guarda, ci si ascolta, ci si sostiene. Avevo paura in deriva, per un attimo lo ammetto, ho avuto paura. Il vento era forte, le onde alte e sentivo continuamente le stesse parole:” cazza, lasca, cazza lasca!”. Mi sentivo al sicuro però, i ragazzi mi hanno fatto forza e l’arrivo in spiaggia è stato strepitoso.

Le emozioni che si provano in barca sono infinite. Emozioni anche di rabbia che vengono ripagate dall’emozione che suscita la vista di un tramonto, di un cielo stellato, di una luna rossa che sorge…Adesso sono qui, stesa su questa barca. Su di me c’è un cielo che non si può descrivere. Mi sento cullare dalle onde del mare, sto bene e penso che quest’esperienza adesso sì, è finita. Mi dispiace tornare a casa proprio ora che le emozioni e le relazioni cominciavano a prendere forma. Viaggio indietro con la mia mente e con il mio cuore. Rivivo tutti i momenti, dal primo all’ultimo.

Penso a quanto siano stati giorni intensi, giorni in cui imprevisto era la parola d’ordine. Penso alla forza incredibile di ognuno di questi ragazzi, al loro volersi bene, al loro litigare, parlare e poi abbracciarsi. Penso alle loro mani sulle mie spalle e alle mie sulle loro. Penso agli sguardi, quelli profondi e quelli sfuggenti, penso ai sorrisi, ai volti tristi, cupi che cercavano di capire cosa stessi pensando. Penso ai momenti a tavola, quelli tutti insieme fatti di attese e di storie intrecciate, penso ad una storia inventata così sul momento attraverso un filo, penso alle condivisioni, quelle vere. Penso a quella casa che è una famiglia, è crescita e incontro. E penso infine ad una semplice e sola parola: Grazie.

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