Mondo, continente, nazione, regione, capitale, provincia, città, BARRIO!!
È proprio qui che ho scelto di passare 30 giorni della mia estate…nel barrio 22 de Enero.
Inizialmente devo ammetterlo le paure erano tante, a cominciare dal fatto che mi sarei dovuta spostare dall’altra parte del mondo, lontana da tutto e da tutti, in una situazione che non era rosea neanche dal punto di vista della salute (gripe A), in un luogo che non conoscevo minimamente né dal punto di vista della geografia, della lingua, né tantomeno delle persone che vi abitavano.
Chi mi avrebbe accolto? Cosa avrei dovuto fare? Sarei stata in grado di affrontare tutto questo da sola? Queste erano alcune delle principali domande che assillavano la mia mente, ma adesso dopo un mese ho capito anche questo…non si è mai soli!!
Proprio così, nonostante non mi trovassi a “casa mia”, a partire dall’accoglienza non mi è stato mai fatto mancare niente! Anzi, mi è stato dato molto di più! Mi sono sentita parte di una comunità, che grazie ai principi sui quali si fonda rimane uguale in qualsiasi parte del modo tu ti possa trovare.
Mi sono sentita figlia, sorella, nipote, cugina, di una famiglia che adesso sento mia, la mia famiglia argentina.
Ho avuto la fortuna di poter conoscere una ragazza incinta al mio arrivo, e il frutto della sua gravidanza prima di ritornare. Che meraviglia! E infine come non poter citare l’emozione nel poter compiere il ruolo di educatrice anche li, proprio li, con quei bambini che nonostante tutto ciò che li circonda riescono spontaneamente con la loro semplicità a donarti più di quanto tu doni a loro!
Con un sorriso, un gesto, un abbraccio, trasmettono felicità, entusiasmo, gioia nel vivere la vita, la loro vita, una vita che non ha prezzo, ma ha valore proprio perché gli è stata donata liberamente con amore. In questo mese credo di aver avuto una possibilità unica, quella di poter scoprire, apprezzare ed amare un popolo con le sue tradizioni e la sua cultura.
Sono tante le cose che mi hanno colpito, a partire dalla famiglia, numerosissima. Composta e sostenuta soprattutto da donne, mamme che ammiro per quello che fanno, ma soprattutto per come lo fanno, con amore. Colpita dall’unità che si crea tra fratelli, che si aiutano l’un l’altro con molta attenzione. L’importanza che si da al cibo, alla nutrizione, per essere sani, perché crea armonia, festa, unità nel compartirlo. Un evento molto importante che avviene con regolarità e che mi ha segnato particolarmente è il merendero, un aiuto per tutti quei bambini che con le loro tazze tenendosi per mano vengono in oratorio per poterne beneficiare, è un pasto assicurato. Ed il ropero che da la possibilità a tutti di poter comprare vestiti a poco prezzo, importante soprattutto durante il periodo invernale, perché il freddo si fa sentire. E sempre per restare nel tema della condivisione, una delle tradizioni che più ammiro e che mi rimarrà sempre nel cuore è il “tomar mate”, un rito che credo sia degno di essere conosciuto in tutto il mondo. Non solo perché è buono, ma anche perché rappresenta un capo saldo della tradizione argentina, il saper condividere anche con un gesto così semplice e quotidiano.
Nonostante tutte le difficoltà che implica vivere nel barrio, mi stupisco ancora adesso nell’aver percepito una fede forte, sana e libera in tutte le persone che ho conosciuto, una fede palpabile nella quotidianità, una fede che si trasforma in un motore e dà la carica per affrontare tutto.
E poi…il ballo! Tipico del folclore argentino, incantevole da poter osservare negli adulti, in coloro che ne fanno un mestiere, ma ancora più bello con i ragazzi perché unisce sempre e comunque, è stato l’accesso, il punto sensibile per arrivare a loro, per coinvolgerli, farli sognare, divertire, e per poter costruire insieme un momento di gioia che seppur breve e semplice ci ha donato tanto.
E allora l’ultima domanda che mi sento di fare è: come scelgo io di vivere la mia vita?
Credo che questa esperienza abbia dato un gran contributo alla mia risposta.
È proprio qui che ho scelto di passare 30 giorni della mia estate…nel barrio 22 de Enero.
Inizialmente devo ammetterlo le paure erano tante, a cominciare dal fatto che mi sarei dovuta spostare dall’altra parte del mondo, lontana da tutto e da tutti, in una situazione che non era rosea neanche dal punto di vista della salute (gripe A), in un luogo che non conoscevo minimamente né dal punto di vista della geografia, della lingua, né tantomeno delle persone che vi abitavano.
Chi mi avrebbe accolto? Cosa avrei dovuto fare? Sarei stata in grado di affrontare tutto questo da sola? Queste erano alcune delle principali domande che assillavano la mia mente, ma adesso dopo un mese ho capito anche questo…non si è mai soli!!
Proprio così, nonostante non mi trovassi a “casa mia”, a partire dall’accoglienza non mi è stato mai fatto mancare niente! Anzi, mi è stato dato molto di più! Mi sono sentita parte di una comunità, che grazie ai principi sui quali si fonda rimane uguale in qualsiasi parte del modo tu ti possa trovare.
Mi sono sentita figlia, sorella, nipote, cugina, di una famiglia che adesso sento mia, la mia famiglia argentina.
Ho avuto la fortuna di poter conoscere una ragazza incinta al mio arrivo, e il frutto della sua gravidanza prima di ritornare. Che meraviglia! E infine come non poter citare l’emozione nel poter compiere il ruolo di educatrice anche li, proprio li, con quei bambini che nonostante tutto ciò che li circonda riescono spontaneamente con la loro semplicità a donarti più di quanto tu doni a loro!
Con un sorriso, un gesto, un abbraccio, trasmettono felicità, entusiasmo, gioia nel vivere la vita, la loro vita, una vita che non ha prezzo, ma ha valore proprio perché gli è stata donata liberamente con amore. In questo mese credo di aver avuto una possibilità unica, quella di poter scoprire, apprezzare ed amare un popolo con le sue tradizioni e la sua cultura.
Sono tante le cose che mi hanno colpito, a partire dalla famiglia, numerosissima. Composta e sostenuta soprattutto da donne, mamme che ammiro per quello che fanno, ma soprattutto per come lo fanno, con amore. Colpita dall’unità che si crea tra fratelli, che si aiutano l’un l’altro con molta attenzione. L’importanza che si da al cibo, alla nutrizione, per essere sani, perché crea armonia, festa, unità nel compartirlo. Un evento molto importante che avviene con regolarità e che mi ha segnato particolarmente è il merendero, un aiuto per tutti quei bambini che con le loro tazze tenendosi per mano vengono in oratorio per poterne beneficiare, è un pasto assicurato. Ed il ropero che da la possibilità a tutti di poter comprare vestiti a poco prezzo, importante soprattutto durante il periodo invernale, perché il freddo si fa sentire. E sempre per restare nel tema della condivisione, una delle tradizioni che più ammiro e che mi rimarrà sempre nel cuore è il “tomar mate”, un rito che credo sia degno di essere conosciuto in tutto il mondo. Non solo perché è buono, ma anche perché rappresenta un capo saldo della tradizione argentina, il saper condividere anche con un gesto così semplice e quotidiano.
Nonostante tutte le difficoltà che implica vivere nel barrio, mi stupisco ancora adesso nell’aver percepito una fede forte, sana e libera in tutte le persone che ho conosciuto, una fede palpabile nella quotidianità, una fede che si trasforma in un motore e dà la carica per affrontare tutto.
E poi…il ballo! Tipico del folclore argentino, incantevole da poter osservare negli adulti, in coloro che ne fanno un mestiere, ma ancora più bello con i ragazzi perché unisce sempre e comunque, è stato l’accesso, il punto sensibile per arrivare a loro, per coinvolgerli, farli sognare, divertire, e per poter costruire insieme un momento di gioia che seppur breve e semplice ci ha donato tanto.
E allora l’ultima domanda che mi sento di fare è: come scelgo io di vivere la mia vita?
Credo che questa esperienza abbia dato un gran contributo alla mia risposta.
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