La domenica è iniziata di corsa, con la sveglia in anticipo perché ero di turno per la colazione. Ero un po’ stordita, durante la notte c’era stato tanto vento che mi aveva tenuto sveglia.
Scritto da Daniela Giacomini
Appena fuori la tenda, il campeggio era illuminato da una luce che colorava tutto di giallo oro. Intorno già qualche faccetta ancora assonnata, i capelli spettinati ma il sorriso pronto per un buongiorno sulle labbra che sembravano dire: ancora qualche ora da passare insieme. In ESF si condividono tantissime attività: di formazione, ludiche ma anche di servizio come sparecchiare la tavola oppure preparare per la colazione, sono momenti in cui si comunica e si entra in contatto, si scherza e si parla di tante piccole cose, anche con chi si occupa di noi nell’ombra: Daniela, Massimo, Stefano e Ezio.
La colazione è sempre un momento felice, non c’è niente di meglio che condividere allegria e cibo tutti insieme per cominciare la giornata. È l’ultimo giorno e si torna veloci alle tende per raccogliere le ultime cose, chiudere gli zaini e portare tutto alla sala, dove Cristina ci aspetta per le ultime comunicazioni prima della partenza. Siamo tutti un po’ stralunati dalle giornate intense passate insieme e dalle brevi nottate in cui non ci siamo riposati a lungo. Però c’è attesa per conoscere le novità, i prossimi incontri, i nuovi tutor e tanto altro. Le destinazioni sono note ma è bello vedere i gruppi riuniti pronti per le date di partenza. Mentre aspettiamo di iniziare mi tornano in mente le giornate appena trascorse e soprattutto le riflessioni di don Antonio, semplici ma profonde, mi hanno scosso e commosso molto. Ha parlato di eredità, di speranza, di profezia. Guardandoci negli occhi con un sorriso molto dolce e paterno ha parlato di follia, ha parlato di sogni, ha parlato di progetti per il futuro di Esf, lui che ha 87 anni, ispirando ognuno di noi a pensare a un futuro, un progetto, una speranza per se.
E ripenso a ciò che ha detto Barbara il primo giorno mentre parlava di necessità… questo bisogno che abbiamo di partire è proprio una necessità, qualcosa che va oltre quello che razionalmente è spiegabile, qualcosa che attinge e affonda nella profondità dell’anima, l’anima dell’anima come dice don Antonio. La necessità di fare qualcosa per gli altri, di incontrare l’altro per trovare se stessi, di mettersi in gioco per tornare a casa e cambiare vita, guardare il proprio mondo con occhi diversi, a volte soffrire per la diversità, e ritornare per dare l’esempio ai propri cari che i sogni si possono realizzare. È difficile scrivere di questo ultimo giorno. Le emozioni sono ancora forti e i pensieri caotici, difficili da descrivere, da mettere giù in parole sulla carta per testimoniare la chiusura di questo Cammino 2017.
E il pensiero torna al camminare in silenzio verso il monte Subasio.
Lì ho ripercorso la mia esperienza con ESF fino a quel momento e mentre camminavo mi sono saliti su tanti dubbi, ho sentito che stavo perdendo di vista il motivo per cui ero là. In salita sotto il sole, riflettendo in silenzio, piano piano, passo dopo passo, sono riuscita a dissipare questa nebbia interna, a individuare la “mia” motivazione. Guardandomi intorno ho visto molti di noi camminare e ho provato una sensazione di presenza, ho capito che non ci si sente soli camminando a fianco l’uno dell’altro, anche se in silenzio. In questi momenti si condivide lo sguardo, la volontà di farcela, di riuscire, di farlo insieme, ognuno con le proprie risorse e capacità, i propri tempi. Utilizzando i propri talenti condividendo sentimenti ed emozioni che ci fanno sentire vicini anche quando siamo “lontani”, sintonizzando solo il passo e il respiro.
Perché comunque la nostra presenza cambia la scena in cui ci muoviamo. Essere presenti fa la differenza, senza fare grandi cose ma solo con lo stare e il condividere cosa possiamo, come possiamo. Ho sempre pensato che le parole fossero fondamentali per comunicare però ci sono momenti in cui uno sguardo è sufficiente anche quando non è ricambiato. E poi un disegno, una frase scritta, un grazie. Un abbraccio forte delle persone che partiranno con te per un viaggio che è già iniziato, dentro ognuno di noi.
Abbiamo tutti lavorato duro nei giorni scorsi e ci siamo impegnati molto, e questo ha creato legami. E quando stamattina sono stati nominati i gruppi in partenza è stata una festa. E’ partita subito l’energia, forte, piena, carica, è l’energia vitale che sorregge il gruppo, lo tiene unito, che lo nutre e gli permette di crescere. La consegna degli attestati di partecipazione ha riportato l’entusiasmo alle stelle, ognuno è stato applaudito come in una serata da Oscar, perché il gruppo si compone di ciascuno di noi e questo lo rende e lo fa sentire speciale allo stesso tempo.
Di questa esperienza mi porto a casa la speranza: di poter essere migliori, di poter fare la differenza anche se siamo diversi; la fraternità che dobbiamo portare nel mondo per farla agire tra di noi attraverso la nostra capacità di guardare gli altri negli occhi abbastanza lungo da riuscire a vedere i loro sogni, comprendere le loro difficoltà e lasciare spazio ai loro desideri. E un Sogno, quello di uscire dalla “scatola” degli stereotipi in cui la società cerca di tenerci chiusi e divisi, per diventare quelle Persone che lavorano per sé e per gli altri a un mondo migliore.
Domenica mattina ho sentito spuntare le mie radici di scartina nella Terra di ESF. Grazie a tutti per averlo permesso.
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