Scritto da Marta Meroni

Occhi. Se chiudo gli occhi vedo solo altri tantissimi occhi. Occhi scuri, occhi profondi ed intensi, come intensi sono stati i primi giorni a Santa Cruz de la Sierra, Bolivia. Ha tutto il profumo di terra qui e certe sere se non si alza il vento tutto si colora di terra, anche i colori più veri del tramonto. Anche la nostra casa ha il colore della terra, e la sento sulle mie mani, sui miei vestiti, negli occhi, sempre.
Non so da dove iniziare, quindi parto dalla fine: sono felice. Non ho bisogno di spiegarmi il perché, un cancello si è aperto ed insieme a quello i cuori.
In questa felicità c’è una risata avvolgente che dura tre giorni da diciassette anni, c’è un percorso composto dalla storia di Alice, che non ricorda più cosa significhi avere un papà.
Da un libro che mi porta dall’altra parte del mondo dove un bambino non ha mai saputo cosa vuol dire avere una mamma.
Da una città, che ha cambiato i significati, i colori e i desideri per sempre.
Da una frase, che mi ha spiegato tutto sul senso dell’amore e sulla vita.
“Ama l’imperfetto tuo prossimo con l’imperfetto tuo cuore.”
Ci sono io, qui in Bolivia, per caso ma forse non proprio per caso, all’ Hogar Fortaleza, ci sono i ragazzi che lo abitano e ci sono quelli che ho lasciato a casa.
Ci sono tutte le mie fatiche e tutti i miei sogni, quelli realizzati e quelli infranti.
Mi sento piccolissima, come fossi un minuscolo puntino nell’universo che nulla può in confronto a tutta l’immensità e a tutto il ciò che c’è di negativo del mondo. Sono insignificante ed impotente.
Eppure mi sento invasa da una felicità disarmante, di quelle che ti riempiono gli occhi di lacrime e che il tuo corpo non è in grado di contenere.
Siamo qui, e potremmo essere ovunque ma siamo proprio qui, e non salveremo nessuno e nemmeno avremo mai la presunzione di poterlo fare, ma stiamo camminando, uno affianco all’altro per un tratto di strada. Camminiamo visibili ed invisibili accanto a qualcuno e forse quel qualcuno un giorno riuscirà a prendere in mano la propria vita e portarla in salvo.
E allora tutte le fatiche ne saranno valse la pena e tutte le paure, i sogni, le domande e le cose positive avranno senso d’essere, come corpo che con il tempo si forma e si modella.
Ho trovato e dato un nome a qualcosa di importante e l’ho fatto dentro ad una casa fatta di terra, di legno, di giovani uomini dai timidi sorridi e di fiocchetti rossi.
“Grazie per aver condiviso.

Grazie perché è giusto avere paura.

Grazie perché un solo giorno è valso tutto il viaggio…”

Quante domande, quali domande?
Porqué lo he heco? Serà posible? Que haré? Donde iré? Estoy lista? Seré solo? Quien me ayudarà?

Avrei voluto abbracciarli tutti.
E se anche solo metà degli occhi che abbiamo incrociato questi giorni, gli stessi occhi scuri come terra che hanno creato paesaggi, polipi e storie, è riuscita a dirsi “posso farcela.. è possibile..” allora abbiamo vinto tutto.
C’è così tanto lavoro da fare e noi siamo pronti, faremo tutto ciò che è in nostro potere fare per rendere anche solo per due ore la vita e la storia di qualcun altro piena di significato.
Il mondo procede pieno e lento, e noi con lui dobbiamo continuare a camminare, a pensare, a sentire, a sperimentare.

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