Caro educatore senza frontiere,
è passato più di un anno dall’ultima volta che ti ho scritto. Ricordo ancora la sensazione che ho provato in quel momento, ho provato speranza. Speranza, speranza di poter partire, speranza di conoscerti, speranza di scoprire. La speranza mi ha accompagnato per tutto questo anno.Questa emozione, questo bisogno è stato appagato perché poi sono partita, perché alla fine ti ho conosciuto, perché poi mi sono scoperta.
Caro educatore senza frontiere l’anno scorso non avevi un volto, quest’anno invece so chi sei, so chi sono.
Ed è vero sono dovuta andare molto lontano per capire che quel volto, quella persona era proprio accanto a me o per meglio dire dentro me.
Ti ho conosciuto, ho conosciuto una ragazza che con la sua bella valigia è partita, aveva i capelli corti e quanto è tornata aveva i capelli lunghi e pieni di treccine. Quelle treccine erano il simbolo dei rapporti intrecciati durante il suo viaggio. Ogni treccia rappresentava una persona, un odore, un colore, una sensazione.
Oggi le trecce dalla sua testa sono fisicamente sparite, ma ne ha conservata una. Quella rappresenta tutte le altre. Quella treccia è nascosta nel suo cuore.
Caro educatore senza frontiere ho capito tante cose.
Caro educatore senza frontiere devo capire ancora tante cose.
Cristina.
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