Claudia, una volontaria di Educatori senza Frontiere, di recente, è stata all’Isola d’Elba, all’interno di una casa della Fondazione Exodus.
Su quest’isola vive un gruppo di ragazzi e ragazze, insieme a loro sono nate delle piccole grandi storie. In questi giorni le pubblicheremo per raccontare di loro, per ricordarci delle cose piccole, che ingrandiscono il mondo.
Valerio, Lorenzo e Lorenzo, raccontano.
C’era una volta Mammoletta, una vecchia e diroccata casa, sommersa da un fitto bosco, dove nemmeno la luce riusciva a penetrare. Un bel giorno di primavera, dopo lunghi anni di buio, venne di nuovo colpita da un raggio di sole. Si accorse che attorno a lei c’erano molte persone particolarmente stravaganti, molto diverse tra loro, sia nei comportamenti che nei modi di fare, nessuna di queste persone si conosceva e Mammoletta non capiva né come né perché riuscissero ad andare d’accordo. C’era chi era aggressivo verso tutti, c’era chi aveva un legame troppo stretto con il suo passato, c’era chi si disperava, chi gioiva e chi addirittura dormiva. Nonostante il duro lavoro che i ragazzi facevano, Mammoletta intravedeva nei loro occhi un’immensa malinconia e si rivedeva nelle loro storie e nei loro dolori. Mammoletta appena li vide ebbe molto spavento, perché a distanza di molti anni si ricordò che le ultime persone che l’avevano abitata erano riuscite a trascurarla a tal punto da farle odiare gli esseri umani, da quel giorno si ripromise di non voler avere più niente a che fare con loro e nei lunghi anni di solitudine fece crescere questo fitto bosco attorno a lei, come uno scudo, una barriera, in maniera che quel luogo diventasse inaccessibile. Mammoletta inizialmente oppose resistenza alla trasformazione facendo sudare sette camice alle povere persone che niente centravano con l’odio che si era coltivata col tempo. Mammoletta si mise a riflettere, si chiese se fosse giusto impedire a queste persone di prendersi cura di lei, al punto che decise dopo molti anni di rigidità e solitudine di riaprire le porte, smise di combattere. Stremata dai lunghi anni di sofferenza e fatica si abbandono alle loro mani, lasciandosi sprofondare in un lungo sonno di serenità. Fu proprio quando dopo un’accurata risistemazione della casa e della boscaglia circostante i primi raggi di sole la inebriarono e cominciarono a scaldarla, Mammoletta si risvegliò dolcemente e si accorse che nell’aria si respirava qualcosa di nuovo. Da una finestra che finalmente era stata pulita con cura e amore penetrò un raggio di sole che le permise di specchiarsi e si accorse come per incanto di essersi trasformata.
Si ricordò improvvisamente di quel gruppo di persone che anni prima iniziarono a prendersi cura di lei. Rivide il suo vecchio aranceto rifiorire insieme ai giardini vi erano spazzi ricreativi e addirittura un laghetto. Intorno a se non aveva ancora rivisto nessuna di quelle persone.
Pace e tranquillità regnavano sovrane, ebbe la sensazione d’esser stata di nuovo abbandonata, ma proprio mentre stava pensando, udì un rumore, sempre più vicino, sempre più forte. Era un furgone bianco, Che emozione! Tesa ed impaurita non sapeva cosa le aspettasse. Il furgone frenò e dopo un colpo secco scesero delle persone che le sembravano conosciute, ma anche sconosciute; Erano un po’ il passato e un po’ il presente. Erano Tornate.
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