Scritto da Eleonora De Marchi
“…y no nos dejes caer en la tentación”…e non ci indurre in tentazione, ma liberaci dal male. Amen.
Qui in casa Juan Pablo II la giornata inizia solitamente con la sveglia delle 6.30, seguita da pulizie della casa, corsa e ginnastica all’aria aperta e colazione alle 7.30. La tavola viene apparecchiata e viene servito l’immancabile piatto honduregno, “arroz y frijoles”, ovvero riso e fagioli, e nessuno si sogna di toccare il cibo o di bere un goccio d’acqua prima che tutti siano a tavola e che si reciti insieme il Padre Nostro.
“…y no nos dejes caer en la tentación. Amen.”
Queste parole recitate da me in molte altre occasioni senza afferrarne bene il senso (nonostante fossero in italiano!), acquistano un valore nuovo.
Non ci indurre in tentazione.
In Casa Juan Pablo II vivono ragazzi e uomini che hanno scelto di allontanarsi dalla droga e dall’alcool, il percorso non è certo semplice e il rientro in società lo è ancora meno. C’è anche chi si trova qui per disintossicarsi per la seconda, terza, quarta volta. D’altra parte ci sono anche esempi di ragazzi – che magari sono stati in comunità più volte – che ora, però, sono educatori della comunità. Un altro ragazzo è ora professore di scienze sociali alla scuola secondaria. Questo ha dell’incredibile ed è così fantastico che ragazzi con storie di dipendenza siano essi stessi a educare e ad aiutare altre persone a stare bene e a costruirsi un presente, e di conseguenza anche un futuro. Tutto questo credo possa accadere solo perché qualcuno ha creduto fermamente in questi giovani e ha avuto in loro fiducia.
Fiducia. Una parola che diventa tangibile in questa comunità. C’è molto rispetto nei confronti degli educatori, ma anche degli stessi compagni. C’è attenzione verso se stessi e verso gli altri: se avanza del cibo viene spartito tra tutti quelli che hanno ancora fame, noi ESF poi siamo state accolte con cura e dedizione come se fossimo ospiti di famiglia, ci son state fatte delle lezioni di spagnolo ad hoc e tutti partecipano alle attività proposte da noi con trasporto ed entusiasmo.
Quando ho scritto nel diario comune che mi son sentita a casa in questo posto, Nico, il responsabile della comunità, ha fatto ricordare in che modo mi ero presentata il secondo giorno: avevo detto di aver voluto sperimentare questo viaggio anche per capire come ci si sente stranieri in terra altrui. Il gruppo degli abitanti della comunità è stato per me un esempio molto positivo, certo non è sempre stato così e la sintonia che si respira è frutto di errori, fatiche e fiducia.
Chissà, magari se il popolo italiano fosse più unito e le persone avessero più fiducia l’un l’altre, saremmo capaci di accogliere chi approda in Italia alla ricerca di una vita migliore con maggior serenità, onestà e pragmaticità.
Un altro ingrediente fondamentale del gruppo è l’ironia, ci stiamo divertendo un sacco, ogni giorno si ride molto e di gusto. Sdrammatizzare è ricordarsi che siamo fortunati e che i nostri problemi non sono sempre così grandi come li percepiamo, se guardati da un’altra prospettiva. È ricordarci che la vita è magica e ci riserva un monton di doni. L’ultimo dono è stata la sorpresa di ieri sera: Margot, la cagnolona che girava sempre più gonfia per la casa, ha partorito cinque cuccioletti! E poco dopo ci siamo accorti che anche l’altra perra ha partorito altri due cagnolini.
Mi sento grata alla vita per aver potuto immergermi in questa esperienza e a tutti quelli che mi hanno appoggiata e aiutata a viverla in modo così bonito. Cheque.
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