Scritto da Savino Pezzotta

Premessa

Vi è la necessità che tutti noi che viviamo in Italia e in Europa e che dichiariamo con un certo orgoglio di essere italiani e europei, facciamo uno sforzo per uscire dall’emotività positiva o negativa con cui quotidianamente ci approcciamo alla questione delle migrazioni. Dobbiamo impegnarci a mettere in campo tutta la nostra razionalità, capacità di analisi e di comprensione anche quando contrasta con le idee comuni e con quel buon senso mistificatorio che comunemente pratichiamo per conoscere la realtà di quel complesso fenomeno che sono le migrazioni con il quale, volenti e nolenti, dovremo convivere nei prossimi anni.

In pratica siamo chiamati ad uscire dalla visione emergenziale che ha dominato fino ad oggi il nostro pensiero per cogliere gli elementi strutturali e permanenti delle migrazioni e della nuova mobilità dei popoli.

Guardare i dati

Esistono una pluralità di fonti statistiche che in modo onesto mettono a disposizione una serie di dati che consentono di poter in maniera autonoma valutare e analizzare gli sviluppi e valutare anche gli aspetti più problematici che le migrazioni trascinano.

L’Eurostat , la voce statistica dell’Unione Europea , da un lato ci informa che nel primo semestre del 2015 , si sono accumulate ben 400 mila richieste d’asilo nel complesso dell’Unione Europea – 160 mila in più rispetto allo stesso periodo dello scorso anno – , dall’altro , Frontex ( Agenzia europea per la cooperazione di controllo delle frontiere esterne all’Unione , informa che i clandestini “intercettati” ai confini comunitari, solo nel mese di luglio, hanno superato le 100 mila unità che sicuramente sono aumentate da Agosto in avanti per il precipitare della situazione siriana. Dobbiamo tenere presente che la guerra civile siriana e l’emergere del Califfato hanno generato il peggiore disastro umanitario della nostra epoca. I siriani sono il gruppo più numeroso dei richiedenti asilo e degli sfollati del mondo. Più della metà dei 22 milioni di abitanti la Siria hanno dovuto lasciare la propria casa e quattro milioni sono dovuti riparare all’estero, soprattutto in Libano, Turchia e Giordania, molti si sono orientati verso l’Europa per mare o per terra rischiando la vita.

I dati sono abbastanza chiari e la realtà dei numeri ci dice che quella dei rifugiati è una questione globale anche se coinvolge fortemente l’Europa e il nostro Paese. Come italiani dobbiamo essere orgogliosi per quanto il nostro Paese ha fatto per consentire ai “barconi” carichi di disperati di attraccare al nostro territorio, anche se spesso vogliono andare altrove. Ma dobbiamo essere consapevoli che sempre più si sarà chiamati ad operare in prima linea.

IL caso siriano e l’inverno demografico

Ci sono molti profughi nel mondo ma quelli che sono in marcia verso l’Europa hanno al loro interno un caso speciale che è quello siriano: la sua valenza non è paragonabile ad altri momenti di crisi e di mobilità.

Inoltre, bisogna tenere in considerazione che sull’altra sponda del mediterraneo esiste un bacino demografico che non potrà fare altro che alimentare i flussi. Oggi la spinta a migrare è alimentata dalle guerre e dal dittature e questi hanno il diritto di essere accolti, come dice anche la nostra Costituzione (Art, 10, terzo comma), ma quando cesserà la guerra, smontato l’Isis, non cesserà il flusso delle migrazioni verso di noi. Oggi a sud del Sahara vivono 962 milioni di persone un numero destinato a crescere in dieci anni oltre il miliardo e in venti a superare il miliardo e mezzo. Una popolazione fatta in prevalenza di giovani. Ci si pone una domanda: troveranno queste generazioni sempre più scolarizzate e consapevoli dei loro diritti e della loro dignità di persone la possibilità di vivere in un modo più libero ed economicamente in grado di soddisfare le loro legittime esigenze di una vita decente, oppure saranno costrette a pensare che l’unico modo di guadagnarsi la vita è “altrove”?

Globalizzazione e migrazioni

La globalizzazione non è solo un fatto economico-finanziario, regolato dal mercato, ma ha ripercussioni profonde sulla percezione del mondo determinata dalle nuove tecnologie comunicative e informative, ma anche il desiderio di poter vivere una vita decente e dignitosa muta le prospettive e forse molti giovani penseranno di trovare queste condizioni oltre il mediterraneo. Ma forse un paese come il nostro che soffre di un pesante inverno demografico e che vede crescere la popolazione anziana , avrebbe bisogno di nuovi giovani che con il lavoro possano garantire la sostenibilità del nostro sistema di welfare.

Cooperazione e volontariato internazionale

Non sono in grado di dire se il rilancio dei nuovi “obiettivi del millennio” che le Nazioni unite si apprestano a integrare e assumere, saranno in grado di vincere la povertà e generare uno sviluppo sostenibile e pertanto trattenere i giovani africani nei loro paesi, credo che su questo terreno servirebbe un maggiore impegno da parte dell’Italia e dell’Europa. La cooperazione e il volontariato internazionale possono rappresentare un elemento importante per affrontare la questione migratori.

Profughi ambientali

Ma oltre alla dimensione demografica crescerà la problematica dei profughi ambientali. Di fronte all’impatto delle catastrofi, che ogni anno colpiscono la Terra, non sempre è possibile adattarsi e spesso milioni di donne, uomini e bambini sono costretti a fuggire dai propri Paesi in cerca di condizioni di vita migliori e più salubri. Questi sono i migranti ambientali. Non è più possibile non riconoscere che queste persone sono vittime di eventi climatici estremi provocati dal cambiamento climatico che a sua volta è causato anche dall’attività umana. Credo che  sia importante  parlare del problema per far si che i decisori politici inseriscano questo tema nelle loro agende politiche.

Conclusioni

Come si vede la questione migratoria è molto più complessa di come ci viene presentata: è attualmente un’emergenza sulla quali bisogna intervenire e aprirsi alla possibilità dell’accoglienza, ma bisogna tenere conto che tende ad assumere caratteristiche strutturali cui bisogna che le nostre comunità locali si attrezzino a una nuova convivibilità anche attraverso nuovi servizi, mediazione culturale, e percorsi di autoeducazione reciproca. Far convivere nel rispetto culture, tradizioni, religioni diverse non è facile e la tentazione a far prevaricare le nostre sulle altri è sempre presente, ma è una opportunità cui prepararci per creare le condizioni di una vita buona per tutti.

L’insieme dei problemi che sono stati solo accennati ci dice che serve una direzione strategica e che molti dei discorsi che sentiamo sono fuori dalla storia e non mostrano quella concretezza che oggi servirebbe.

Il problema migratorio non si gestisce con la chiusura dei confini che di fronte alle nuove pressioni si dimostrano comunque bicarpellati come una forma di formaggio, anzi i confini andrebbero aperti attraverso canali umanitari che darebbero sicurezza e metterebbero fine ai business degli scafisti. Ne risolveremo le questioni con l’incentivare una cultura fondata sull’egoismo e la xenofobia.

Ma facendo ognuno la sua parte per creare un modello sociale in cui le diversità siano considerate un arricchimento reciproco e non una minaccia, questo è un compito che dobbiamo svolgere con le nostre comunità, così come ha indicato Papa Francesco.

L’Italia e l’Europa devono fare di più ma bisogna tenere presente che quello dei rifugiati è un problema globale che richiede una grande operazione internazionale che sempre di più deve essere con quella dello sviluppo sostenibile, la lotta alla povertà e alle malattie  una delle preoccupazioni centrali delle Nazioni Unite.

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