Scritto da Teresa Falanga
Avete presente la sensazione che si prova al risveglio da un sogno?
Quella sensazione strana per cui non si riesce a capire se quello che hai vissuto è successo veramente o no.
Ecco. La sensazione è proprio questa. Al ritorno da ogni viaggio mi chiedo se i ricordi che ho siano veri o solo frutto della mia immaginazione.
No perché solo a pensarci a delle cose che sono accadute mi sembra di essermele inventate.
E quando racconto ancora peggio! Mi sembra di raccontare favole, eppure come posso aver inventato tutto?
Per esempio, se vi raccontassi di un uomo che non sa l’italiano ma parla solo in dialetto veneto mi credereste?
E se vi raccontassi che le persone possono comunicare anche non parlando la stessa lingua?
O che ho fatto un viaggio in autobus con una gallina?
O che abbiamo giocato a tombola ad agosto?
Oppure che esiste una casa senza porte, finestre, senza acqua ma dove vivono sessantasette ragazzi mi credereste?
Sembra il mondo al contrario eppure sono pronta a giurarvi che esiste.
A volte sono proprio le cose più inimmaginabili ad esistere veramente. E l’Angola, Huambo, il centro di accoglimento sono così, inimmaginabili.
Potrei provare a raccontarveli, a descriverli, a disegnarveli ma comunque non riuscirei a farvi capire veramente, a farvi sentire cosa si prova a camminare lungo il corridoio della residenza, cosa si prova a studiare con i ragazzi nel refettorio, a disegnare con loro su un lungo foglio di carta, ad uscire di casa la mattina all’alba con il freddo e vedere i bambini a maniche corte, ad ascoltare il pianto di un bambino e poi abbracciarlo e fargli il solletico per farlo sorridere un po’.
Raccontare il mio viaggio sarà proprio come raccontare un sogno, ognuno sarà libero di credere o no all’inimmaginabile.
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