Scritto da Marzia Paolini
Perché dovrei stare qui, in mezzo a persone che a malapena conosco, a tenere un filo in mano per due ore? O mettere degli imbarazzanti calzini antiscivolo, che era dall’asilo che non avevo ai piedi, e fare gesti che mi mettono in imbarazzo con l’imbarazzo di provare imbarazzo? E ora non verrete mica a dirmi che questo mi servirà per andare in Madagascar o in Brasile!
E invece sì.
“Anche l’educazione è una struttura di finzione. Come l’attività onirica, come l’arte, come il teatro, l’esperienza educativa modifica le cose, le rende altro da quello che sono. […] Educare significa allora rendere possibile una determinata esperienza, una esperienza che non è possibile altrove.” (Mantegazza)
Il teatro può rendere una stanza quell’altrove in cui un pomeriggio come tanti, si trasforma in esperienza.
Ognuno avrà così l’occasione di poter viaggiare attraverso sé stesso e la propria storia, reinventandola e riscoprendola, per mescolarla alle storie di altri. E queste, legate insieme, potranno diventare una storia comune. Anche se ancora non lo sappiamo, anche se per farlo dobbiamo stare due ore con un filo in mano indossando calzini antiscivolo di dubbio gusto.
Perché, in fondo, anche quando sarai in Madagascar o in Brasile una stanza qualunque sarà per te l’ altrove, un pomeriggio come tanti sarà esperienza e la tua storia si mescolerà a quella degli altri, anche se per un po’ non lo saprai. E non credere che le tue scarpe, appaiate affianco alle altre, saranno meno imbarazzanti di questi calzini.
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