Scritto da Ilaria Vignotto

Ho incentrato la mia tesi di laurea sull’utilizzo dei bambini soldato nei conflitti armati contemporanei. La guerra in Sierra Leone, diventata famosa per la sua brutalità e per il massiccio numero di minori parte attiva e passiva di atroci violenze, è stata un caso studio a riguardo.

Non ero mai riuscita ad immaginare questo paese e questo popolo, ne avrei pensato di raggiungerlo. Pur essendo trascorsi più di dieci anni dal termine dei combattimenti, Freetown presenta ancora i segni degli scontri. La guerra ha lasciato fratture profonde in tutto il paese e cicatrici indelebili nelle persone e sui loro corpi. Ho conosciuto ragazze e ragazzi senza una mano, un braccio, una gamba o gli occhi, altri rimasti orfani: queste persone sono costrette a ricordare ogni giorno le violenze subite: le amputazioni e le perdite sono impossibili da rimarginarsi, cancellare o dimenticare; il loro corpo sarà per sempre il testimone e nella loro testa mai svanirà il ricordo. Padre Maurizio, raccontandoci le storie di alcuni dei ragazzi di cui siamo ospiti, ha ripetuto più volte le parole “hanno superato”; mi è particolarmente difficile credere che ciò sia possibile ma, siccome sono molte le cose che mi hanno stupito e spiazzato, mi sforzo di sperare che sia realmente così.

Mi accorgo fin da subito delle infinite contraddizioni presenti in Sierra Leone. Mi è sembrato di dondolare su un’altalena tra inferno e paradiso da lasciarmi senza fiato, senza parole, con la mente carica di pensieri e il cuore colmo di emozioni: complicato da spiegare, difficile da credere e impossibile da capire.

Inferno per l’estrema povertà, la mancanza di acqua, di luce, di strade, di una benché minima comodità; l’istruzione è un lusso che pochi possono permettersi, la salute è precaria, gli ospedali mal forniti e le cure a pagamento; il lavoro manca e trovarlo è alquanto difficile, i fortunati che riescono ad averlo, a stento riescono a sopravvivere; già dall’età di otto anni i bambini imparano a vendere qualunque tipo di bene per le strade, assalendo le macchine che rallentano.

Ma l’altra faccia della medaglia è il paradiso: l’accoglienza e l’ospitalità, i sorrisi, i bambini, i colori, le stelle, così vicine e lucenti, la musica, la voglia di vivere delle persone, che supera i limiti imposti dalle condizioni in cui si trovano, la forza con cui affrontano le difficoltà, le risorse infinite del paese, le spiagge incantevoli, la natura incontaminata.

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