Scritto da Cristina Mazza, presidente di Educatori senza Frontiere

In questo tempo così aggrovigliato e confuso, dove il mondo si trova a dover riconoscere che sta perdendo il controllo e che l’essere umano ha valore solo se inserito in un meccanismo a servizio della produttività e della “corsa all’oro” sento che è necessario ritrovare quella profondità di cui noi abbiamo bisogno e di più quelli che stanno attorno a noi.

Siamo donne e uomini che hanno camminato in questa avventura che ci ha chiesto molto, senza lasciare nulla al caso, dando significato ad ogni cosa, rischiando in prima persona con coraggio, creando luoghi di bellezza interiori per poterci rifugiar nei momenti complessi.  Siamo uomini e donne capaci di cose che non credevamo saremmo stati in grado di creare, costruire, affrontare.

La storia non ci ha abbandonato, ci ha preso per mano e ci ha guidato nei meandri dell’umanità nella quale abbiamo scoperto il vero e il bene, il cuore, l’amore, la possibilità, le strade impossibili.

Questa storia è ancora qui e ci aspetta in un cammino perpetuo che non si ferma. Noi siamo dentro questa storia, e abbiamo creato insieme altre storie. Siamo replicatori di umanità

Abbiamo immaginato futuri per tutti quelli che abbiamo incontrato,

Abbiamo un passato perché abbiamo letto il presente e solo così siamo capaci di immaginarci il futuro. Un futuro solido, fatto di certezze, ma anche di tante incertezze, fatto di sogni, fatto soprattutto di intuizioni. Siamo dei piccoli profeti di questa storia perché abbiamo avuto il coraggio di immaginare e creato la consapevolezza di ciò che è buono.

Abbiamo percorso e aperto tante strade e incontrato tante anime con le quali abbiamo stabilito connessioni, quelle del cuore che hanno generato domande e cercato risposte.

Abbiamo usato tanti verbi che sono diventati azione, parte di noi, del nostro mondo personale e professionale. Verbi che hanno cambiato la direzione del nostro andare dentro questa grande avventura.

Lo spostamento non è sempre comodo, genera spesso inquietudine. Ma se ci spostiamo significa che dentro di noi c’è un desiderio di cambiamento. Questo atto è un gesto di cura verso noi stessi. Significa che non è più tempo per restare dove si è ma è necessario mettersi in viaggio, preparare lo zaino e predisporre uno spazio per sé stessi. Essere consapevoli che il viaggio prevede varcare un confine, oltrepassare lo spazio conosciuto per camminare su strade inesplorate.

Lo spostamento implica l’esercizio dello sguardo e dell’attenzione, all’altro, alle cose che incontro, alla strada e alla direzione. Ci allena i sensi, ci fa diventare più curiosi. Lo spostamento da qui a…. implica una prospettiva, un punto di vista, uno scenario immaginato.

Queste azioni sono cura per sé.

E allora parliamo di CURA.

In questi anni ci siamo presi cura di noi, e dell’altro con azioni semplici, con parole, con note, con gesti.

La cura è anche silenzio pensante, scevra di mille parole ma quelle poche ricche di significato.

La cura è fiducia: se io non sono qui con te e non riempio lo spazio di parole o di azioni, rimane la presenza fiduciosa fatta di sintonie di anime belle che si incontrano e non si lasciano mai.

Prendersi cura di noi e dell’altro è darci la possibilità di rifiorire.

Questi anni di ESF ci hanno aiutato.

Al ventesimo anno di ESF possiamo dire che questa avventura è BENEDETTA, è BEN-DETTA

E poi parliamo di Servizio E Gratuità.

Negli ultimi anni la domanda “come posso aiutarti” è diventata significativa per molte persone. Ma

forse c’è una domanda più profonda che potremmo considerare “COME POSSO SERVIRTI”?

I nostri limiti, le nostre ferite, perfino la nostra oscurità può servire.

La pienezza in noi serve la pienezza negli altri e la pienezza della vita. La pienezza in te è la stessa

pienezza che c’è in me. Il servire è una relazione tra equali.

Quando servo provo un sentimento di gratitudine.

Noi possiamo solo servire quello a cui ci sentiamo profondamente connessi e da cui

siamo inclini a lasciarci toccare.  Noi serviamo la vita non perché è in difetto ma perché è sacra e preziosa. Servire la vita è un’esperienza fondata sul mistero, l’arresa e lo stupore.

Colui che serve sa che viene “usato”, e vuole essere usato al servizio di qualcosa di più grande, qualcosa di essenzialmente insondabile.

Tutti coloro che nel corso della storia hanno servito gli altri hanno sempre servito la medesima

cosa: la pienezza e il mistero della vita.

Servire è il lavoro dell’anima, ci rinnova. Quando serviamo, il nostro stesso lavoro ci sosterrà. Il servire si basa sulla premessa di fondo che la natura della vita è sacra, che la vita è un mistero sacro che ha uno scopo insondabile. Quando noi serviamo sappiamo che apparteniamo alla vita e a quello scopo. Questa visione, che non ha nulla a che fare con la religione, ci pone in una dimensione di gratuità. Nel nostro tempo la gratuità è un concetto profondo e rivoluzionario che ci pone nei confronti della vita in modo libero senza chiedere nulla in cambio in una dimensione di solidarietà

La gratuità è un atto di resistenza, un modo di vivere che mette al centro la relazione e la fiducia nell’altro. Abbiamo bisogno di gratuità, di tornare ad essere liberi nelle nostre azioni, a non calcolare sempre.

E infine parliamo di INTENZIONI DI PACE

Siamo un movimento, che cammina per le strade del mondo che auspica un modo fatto di gentilezza e di attenzione all’essere umano.

Non possiamo derimere i conflitti internazionali, di questi possiamo solo essere spettatori inermi che guardano con la morte nel cuore gli orrori che gli esseri umani perpetrano su altri esseri umani.

Possiamo però attraverso l’educazione sostenere percorsi di pace nei giovani che si affacciano alla vita, che iniziano a relazionarsi con le diversità degli esseri umani. Abbiamo il dovere di urlare che la diversità è una ricchezza e che della diversità non si deve avere paura. Che i talenti vanno condivisi e che l’altro è altro da me ma non diverso da me. Forse non dobbiamo più parlare di diversità, ma dobbiamo ricominciare a parlare di unità, contrastando le politiche mondiali nel nostro piccolo mondo che abitiamo

Le azioni di pace partono da noi, dall’essere in pace con noi stessi e dal fare pace con gli altri, di promuovere impegni di pace che mi portano ad essere in sintonia con me, con l’altro, con il mondo

Non possiamo fare azioni di pace con i lontani, se non troviamo serenità con i vicini. La pace nasce dal desiderio di camminare insieme fianco a fianco contemplando talenti, caratteristiche, caratteri, parole e sentimenti altri che hanno valore e senso tanto quanto i miei.

La pace inizia dalle piccole cose.

COSA CI ASPETTA PER IL PROSSIMI VENT’ANNI?

I prossimi 20 anni saranno sempre più ricchi e fruttuosi.

E lo saranno perché abbiamo posto basi solide, fondate nella roccia.

In questi anni abbiamo fatto esplodere ciò che è stata una magica intuizione. E quindi il cammino è tracciato. Come abbiamo sempre detto ESF è cresciuta grazie a tutte le persone che sono passate e che hanno lasciato un segno. E sarà così ancora e ancora. Movimenti di anime, di cuori e di pensieri pensati.

Siamo consapevoli che le cose cambiamo e se anche il cambiamento o lo spostamento di cui parlavamo prima ci spaventa, è necessario per non rimanere ancorati a qualcosa che non c’è più e per non diventare vecchi prima del tempo.

Non dobbiamo perdere i principi fondanti quelli dettati dal carisma che si è fatto profezia e che noi abbiamo incarnato e che ci portiamo dentro anche fosse solo un pezzettino.

Dieci anni fa dicevamo che ESF doveva muovere passi e fare azioni di coraggio. Se guardiamo indietro i cambiamenti sono avvenuti, tanti, importanti, grazie al fatto che siamo stati capaci di leggere la storia attorno a noi e intuire attraverso lo studio costante e l’osservazione, la costruzione di reti e relazioni, le possibilità che ESF avrebbe potuto realizzare.
Dieci anni dopo, ci diciamo che ESF ha bisogno di esplodere ancora perché il mondo attorno a noi ci chiama e “forse” con un po’ di presunzione ha bisogno di noi.

Questo è il movimento, qualcosa che non si ferma, che cresce, che costruisce, che si alimenta e che esplode continuando a camminare.

L’esperienza e la saggezza ci portano a fare passi pesati e pensati senza dimenticare il sogno e l’avventura che hanno caratterizzato questi anni.

Ci aspettano nuove frontiere: ampliamento di reti nazionali e internazionali  aprendo le Case di ESF là dove possibile con il cuore pulsante e al centro l’atto educativo, allargando la presenza di ESF nei territori italiani, mantenere alta l’attenzione ai bisogni educativi degli adolescenti e non solo, , curare sempre più la formazione come elemento centrale della storia futura di ESF, aprire spazi di ascolto e di cura della persona attraverso un accompagnamento che metta al centro l’altro e le sue potenzialità. Ricordarci che “i poveri non sono tristi” (cit.) e che sono il metro di misura delle nostre azioni e che ci permettono di mantenerci in equilibrio, e che la povertà che non è solo privazione ma opportunità di consapevolezza e cambiamento

Per fare questo abbiamo bisogno di non perdere di vista la “cura per l’altro” continuando ad essere “tessitori di relazioni”, avere fiducia nel progetto, continuare a formarsi, a reinventare e a modificarsi, a sognare e a creare avventure.

Non perdere ciò che noi siamo, la nostra competenza, le nostre possibilità, avendone cura.

Ricordarci di chi è lontano che forse poi così tanto lontano non è perché vivo e presente nei cuori e nelle anime di ognuno, di curarci reciprocamente le ferite e di gioire insieme.

E a conclusione, augurarci…

…di nutrire la nostra anima

…di non smettere mai di raccontare il miracolo del frammento.

… di custodire la memoria

…di darne voce sempre e per sempre.

… di camminare dove hanno camminato le profezie donate.

…di accarezzare chi incrocia il nostro cammino, perché da esso fluisca il bene conosciuto

… di guardare fino a dove altri non guardano con il colore intenso dell’azzurro.

… di fare memoria della saggezza conquistata

…di accettare il tempo che passa.

… di ricordarci sempre da dove originiamo e da chi proveniamo

… di fuggire il rischio della personalizzazione e dell’autonomia fine a se stessa.

E poi …

Che le strade si aprano al nostro passaggio,

che si abbattano muri,

che si sappia urlare sempre le ingiustizie del mondo

che si riesca ad essere fieri di essere minoranza ma pretendendo che il mondo ci ascolti.

Ci vediamo domani e domani ancora.

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