di Elisa Orlandini

Diario di bordo
27/08/2024
Ore 21
Ambalakilonga

É stata una giornata molto importante per me.
Apparentemente, in superficie, sulla soglia, non c’era niente da fare, da incontrare.
Ho sentito però dentro di me l’esigenza di uscire fuori, un grido alla vita che non poteva
essere ignorato.
Ho pensato alle attività del pomeriggio e non ho avuto così paura come la prima
volta…Paura di non comunicare, sapermi spiegare, saper divertire. Alla fine andrà bene,
troveremo una via come abbiamo sempre fatto fino ad ora, esiste il modo.
Uscendo fuori dalla mia stanza, che ormai è a tutti gli effetti un monolocale con i profumi di
una casa vissuta in profondità, vedo alcuni ragazzi che stavano facendo delle pulizie per
Ambalaki, poi incontro Hila e bimbo blu e iniziamo a giocare insieme a pallone.


Una piccola palla arancione sgonfia che non aveva bisogno di essere diversa da come era.
Anche io non avevo bisogno di essere diversa da com’ero in quel momento.
Hila si divertiva da pazzi, senza la giusta dose di incoraggiamenti non si decideva a calciare
la palla! I giusti rituali di preparazione sono fondamentali per un tiro perfetto ai compagni.
In qualche modo ci capivamo, sapevo come voleva giocare e cosa si aspettava che io
facessi per restituirgli il passaggio. Comunica in un modo straordinario, si fa capire, sa
coinvolgere, sa chiedere ed attendere.


Con Hila si crea un’altra dimensione in cui non servono parole, in cui sono immersa nel suo
mondo e in profondità riesco a sentirlo, a vederlo davvero.
Poi cambiamo posto, ci dirigiamo verso la cucina e mi fa capire che voleva ancora giocare.
Non voleva solo camminare, voleva fare passaggi con la palla in movimento. Allora abbiamo
iniziato a passarci quell’incredibile mezzo di accesso al mondo correndo.
Si nasconde poi in grand sal, voleva essere scoperto.
É stato miracoloso, non c’erano confini.


Il gioco si conclude e io mi sposto in cucina dove trovo Pascal, Nirina e Lucien che aiutano a
preparare il pranzo. C’erano la musica e il fuoco acceso. Ci siamo trovati a cantare, ballare,
capirci e scoprirci. Avendo delle canzoni malgasce sul telefono è stato facile ritrovarci in
questa comunione di vite.


Mi sposto poi in caffetteria dove compro una fetta di torta e mi bevo un caffè al bancone
mentre parlo con Lucille e alcuni ragazzi. C’è anche Matio che sta disegnando qualcosa di
meraviglioso…Forse è il dipinto che mi donerà alla fine del viaggio.
Torno in cucina, ci sono più ragazzi e ci troviamo a ballare intorno al fuoco.
É ora di fare un po’ di lezioni italo-malgasce insieme a Phanir! Mi ha insegnato altre parole,
abbiamo comunicato in un modo tutto nostro. Povero Phanir, questa mattina con le parole
“capelli”, “cappello” e “cappella” l’avrò sicuramente confuso.


Andiamo a pranzo e Michelle mi prende per mano per poter mangiare insieme al suo tavolo.
Alle 14.30 iniziano le attività, sono meno spaventata del solito anche se il primo gioco non va
come speravo e anzi, non riesce nemmeno a cominciare! Troppo complicato, mi dico
sempre che devo semplificare le cose! Stranamente però, questi pensieri di colpa e
sconforto lasciano spazio ad un “vabbè, può capitare, alla fine ci sono altri giochi e i ragazzi
si divertiranno ugualmente”. Ormai devo aver imparato che non tutte le cose a cui ho
pensato vanno come vorrei, ed è normale, è la vita. Ambalaki mi sta insegnando anche
questo, anche perchè qui accadono cose talmente impreviste che sono meravigliose.

Oltre tutto ciò che già era successo, è accaduto qualcosa di ancora più miracoloso insieme a
Edijé. Deve preparare una coreografia per fare il provino per una crew di ballo del paese.
All’inizio non avevo ben capito che dovesse farla da zero con il mio aiuto…Ganzo!!!
Momento di panico, ma ormai il viaggio era iniziato, eravamo lì insieme. Ho iniziato a
pensare ai primi passi che sapevo di rumba, reggaeton, salsa e incredibilmente stavano
benissimo con i suoi. Stavamo montando una coreografia rispettando le nostre danze,
vivendo nuovi passi e dandoci il tempo per ascoltare i nostri corpi. La musica cullava i
movimenti, sapevamo già dentro di noi quali passi avremo fatto dopo. Una storia condivisa
che era già nelle nostre vite, senza sapere quando sarebbe stata raccontata.
Si sono già fatte le 18.30, è l’ora della preghiera, Nirina mi abbraccia.
Un giorno incredibile, una buonanotte con tanti abbracci.


Le persone hanno bisogno di essere viste, soprattutto quando vengono da situazioni in cui
hanno imparato ad essere ignorate e non amate. Qui ad Ambalaki si impara a vedere oltre la
soglia, a tracciare i nostri confini invisibili e quelli degli altri.
Vedere può fare male, non tutto ciò che osserviamo fa bene al cuore. Ma non possiamo
chiudere il canale, altrimenti non incontriamo nemmeno la bellezza…Che fugge via ed è
troppo tardi.

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