di Elisa Orlandini
Ecco, ci risiamo. Questa mattina è arrivato ancora prima degli altri giorni,
ancora una volta non riesco, per qualche motivo, a rilassarmi prima
dell’arrivo degli altri.
Quel bambino sta ancora cercando di entrare.
Forse sono già quattro giorni che fa su e giù lungo questa strada,
invisibile, in cerca di qualcosa. Chiede a tutti i passanti, ma non a me.
Che strano. Forse dovrei avvicinarmi…
– Pyterson:”E’ un cancello blu altissimo”
– Mavi:”E’ un malchiuso portone, aveva ingannato anche me la primavolta che l’ho visto.”
– Pyterson:”Che cos’è un malchiuso portone?”
– Mavi:”Un malchiuso portone è una porta che non è mai chiusa completamente, ma ti dà modo di poter sbirciare un po’ dall’altra parte, a volte di entrare…Dipende da come tu arrivi, da cosa cerchi, dal motivo che ti spinge a guardarlo.”
– Pyterson:”Io non riesco a vedere proprio niente, sono giorni che provo a capire che posto è e ad entrare, ma niente. Tutte le persone che passano di qua non mi vedono nemmeno, nessuno risponde alle mie domande”
– Mavi:”Questa è “Ambalakilonga”, una comunità per ragazzi. Non si può entrare quando vuoi, né con la forza. Sono giorni che ti vedo qui in giro e credo di aver capito perché le persone non ti hanno visto, è perché non hai confini.
– Pyterson:”Che cosa vorrebbe dire?”
– Mavi:” Tu sei qui, vuoi entrare ma alla fine rimani sulla soglia perché questo cancello ti fa paura con i suoi confini ben delineati. Hai paura di entrare. Mentre tu, stai galleggiando trasparente correndo su e giù lungo questa strada, e ti fai attraversare da tutti e da tutto ciò che incontri, nella speranza di ottenere da loro un po’ di superficie, di risposte. Non riesco a vederti davvero, le tue forme sono plasmate dagli altri,non hai confini e di conseguenza non conosci chi sei. Non sai se entrare o rimanere fuori, vedi quel cancello come un muro insormontabile, Senti solo delle voci, hai paura di scoprire chi le abita, sono così diverse dalle tue. Potresti essere tutto e il contrario di tutto allo stesso tempo. Ecco perché ai tuoi occhi è solo un grande cancello. Perchè vuoi davvero entrare?”
Eppure ho la sensazione di essere anche io lì con te, perchè i miei passi hanno avuto bisogno di un “fuori” per essere “dentro”. Ricordo bene che cosa provavo davanti a quel cancello.
– Pyterson:”E me lo chiedi anche? E’ molto facile per te essere lì dentro, al sicuro. Prova a venire qui fuori e forse capirai perchè voglio entrare”
– Mavi:”Io mi trovo proprio dall’altra parte di quel cancello, sono a casa, al sicuro, è vero. Ma sono esattamente come te, vengo da una casa molto diversa rispetto a questa e forse le nostre storie si somigliano anche. Tu pensi che io sia “dentro” e che tu sia “fuori” perchè questo cancello ci separa, ma fidati, non è che un mezzo per imparare a custodire i nostri sogni, il nostro futuro. Qui in comunità siamo tutti fratelli che vivono insieme, a cui gli educatori insegnano come prenderci cura delle nostre vite e ci aiutano a capire chi siamo. Troviamo i nostri confini, appunto. Ma soprattutto, impariamo che non esiste nessun dentro o fuori, ma che ci troviamo semplicemente in un luogo in cui poter proteggere il seme che abbiamo deciso di piantare, per vederlo crescere una volta usciti.”
– Pyterson:” Io li vedo eccome i miei confini. Io abito fuori e tu dentro. Io so già chi voglio essere, cosa voglio avere. E visto che lo so, fammi entrare! ”
– Mavi:”Io sono solo un ragazzo, non posso farti entrare. E se il motivo che ti spinge a farlo è solo perchè pensi che dentro, come dici tu, ci sia la vita che hai sempre sognato, non entrerai mai perchè non è la verità. Ognuno di noi impara a vedere i suoi confini e quelli dei suoi fratelli perché sono toccati da pensieri, emozioni, sogni che cerchiamo di coltivare ogni giorno. Impariamo a farli correre lungo le braccia, a farli prendere forza dai passi che facciamo, ad afferrarli con le mani. Gli occhi indicano la strada da seguire. Ma non è un percorso facile, come un mare che a volte è in tempesta, a volte c’è scompiglio, le stelle si vedono ma fuggono dal cielo. In comunità diventiamo tutti dei timoni per l’altro, anche quando pensiamo di non averne, di essere intrappolati su quella piroga nel mezzo all’oceano. Essere fratelli. Essere fratelli soprattutto quando rischiamo di perdere qualche frammento, quando rischiamo la trasparenza.”
– Pyterson:”Io non ho bisogno di alcun timone, so già quello che mi serve e non è qui fuori.”
– Mavi:”Ecco vedi. Come pensi di affrontare questo viaggio, questa vita senza dare fiducia a nessuno? Come pensi sia possibile vivere senza gli altri? E’ per questo che è importante avere dei confini: non dividono, non escludono. Ci permettono di capire chi siamo, e di riconoscere dove finiamo noi e dove inizia il cammino di un altro. E’ importante capire quanto posso avvicinarmi ai confini degli altri, che non sono come me, hanno cancelli diversi sul cuore. In comunità viviamo pensando che l’altro sia un “malchiuso portone” a cui poterci avvicinare, sbirciare. Viene insegnato ai ragazzi che è possibile avvicinarci agli altri ma con cura, rispetto, attenzione e che a volte, se siamo fortunati, quell’incredibile mistero che è l’altro si lascia scoprire, possiamo sbirciare attraverso quel portone. Solo in relazioni di cura ed amore è possibile, quasi entrare. Ma non sappiamo per quanto tempo, non sappiamo quando si chiuderà perché abbiamo tutti confini diversi. Ecco perché il tempo che ci viene dato è prezioso e non va sprecato pensando di sapere già tutto, pensando di essere più importanti degli altri. In comunità i ragazzi capiscono con il tempo che quel cancello-muro che avevano visto il primo giorno non è affatto insormontabile, non lo è mai stato. E’ ciò che vive in mezzo tra un prima e la possibilità di un dopo. E’ il mezzo per imparare a vedere cosa esiste dall’altra parte, non un ostacolo che divide un fuori da un dentro.”
– Pyterson:”Non avevo mai pensato a quanto gli altri possano essere di aiuto. Sai, io non ho nessuno a cui potermi affidare, sono abituato a pensare solo per me. Nessuno mi ha mai insegnato a capire chi sono, non c’è mai stato tempo per questa roba. Io dovevo crescere in fretta, lavorare, procurarmi del cibo, vivere secondo gli altri. Il mio timone sono sempre stato io.”
– Mavi:”Non sai quanto le nostre storie siano simili. Ho perso i miei genitori che ero ancora un bambino, c’era solo mio fratello maggiore che però è finito su una brutta strada e il suo unico pensiero era trascinarmi con sé per ottenere più guadagno a fine giornata. Non sono mai stato visto da lui, non sono mai stato un bambino. Ero una figura plasmata da un altro. E’ proprio qui ad Ambalakilonga che mi è stata data la possibilità di vedere che esiste un’altra via, non volevo più sentirmi invisibile. E’ stato davvero difficile fidarmi di qualcun altro, accettare che esistiamo secondo sfumature diverse da cui poter imparare. Per me gli altri erano persone da truffare che mi guardavano sempre dall’alto in basso e che spesso non mi vedevano neanche. Cresceva sempre di più la rabbia. Cercavo di capire chi fossi rubando pezzi dalle altre vite, come fai tu oggi.”
– Pyterson:”Ma se sono così trasparente come dici, come hai fatto a vedermi?”
– Mavi:”Ti ho visto, in mezzo a tutti gli altri, perché mi hai ricordato me stesso alla tua età. Ormai so riconoscere chi è invisibile, perché lo sono stato anche io, e perchè vorrei tanto un giorno aiutare chi lo è a non esserlo più. Come ci sono riuscito io, ci possono riuscire tutti. E’ molto faticoso saper guardare davvero gli altri, andare oltre ciò che non si vede direttamente. Nel tuo caso, è stato come fare un tuffo nel mio passato. A volte guardo le tante persone che camminano qui…In qualsiasi momento della vita si trovano, hanno tutte in comune il fatto diavere confini invisibili: sono il risultato di un cammino che non possiamo conoscere, toccare, vedere direttamente. Ecco perché è importante rispettarli, non dare niente per scontato, non desiderare che siano diversi da chi sono realmente.Solo chi desidera davvero andare oltre può vedere le persone.Oltre le barriere, oltre tutto ciò che non può essere spiegato, oltre i giudizi e pregiudizi. E io, volevo davvero incontrarti.”
– Pyterson:”Non sono mai stato visto fino ad ora, sono così felice! Ma perché mi dici tutto questo e mi dedichi il tuo tempo? Non mi conosci nemmeno, non sai perché sono qui, perchè vorrei entrare.”
– Mavi:”Le persone hanno bisogno di essere viste, soprattutto quando vengono da situazioni in cui hanno imparato ad essere ignorate, non volute. Proprio come io ho voluto vederti, qui i miei fratelli e gli educatori hanno voluto vedere me. Non c’è bisogno di conoscerci da una vita per riconoscere un fratello. Non c’è bisogno di avere qualcosa in cambio per aiutare qualcuno. Vorrei solo poter continuare questo cammino di gioia e fiducia che mi è stato insegnato, che ho potuto percorrere, e che vorrei percorressi anche tu. Credo che tu sia qui perchè percepisci una vita diversa oltre quella che sta sulla superficie.”
– Pyterson:”Sì…Ora che parlo con te, ho capito che questo mio desiderio di entrare non è solo curiosità, o il fatto di non avere altra scelta. E’ perché ho dei sogni che non ho mai avuto il coraggio di dire a nessuno, perchè ho tanta paura che questo grande cancello, che poi è la vita stessa, non faccia passare quelli come me. Io sento che esiste un’altra vita per me, la vorrei scegliere.”
– Mavi:”Questo cancello, non è una barriera, protegge e tutela il miracolo interno che come il seme piantato nella terra ha bisogno di tempo per credere, sognare, maturare, svilupparsi come fiore. Abbiamo bisogno di cura per crescere, non tutto ciò che abbiamo vissuto e conosciuto fuori può essere acqua, in certi momenti diventa cemento. A volte ci vuole qualcuno che ci ricordi la differenza tra ciò che può farci bene e ciò che potrebbe ferirci.”
– Pyterson:”In tutto questo parlare, non ti ho chiesto perchè anche tu sei fuori dal cancello visto che abiti dentro la comunità e stai coltivando il tuo fiore.”
– Mavi:”Sto aspettando, attendo come ogni mattina che il miracolo inizi. Sta per arrivare”
– Pyterson:”E che cosa aspetti?”
Eccoli, sono arrivati!
Sono i miei altri fratelli.
Ogni mattina mi piace arrivare un po’ prima dei miei compagni, così da stare qui di fronte al cancello e prendermi il mio tempo per entrare. E’ una scelta, e lo è sempre stata fin dal primo giorno che sono arrivato. E’ questo il miracolo: so-stare un po’ sulla soglia, riflettere sul perché desidero oltrepassarla per poi compiere quel passo o meno. Ogni giorno potrei anche tornare indietro, ripercorrere i miei passi e sarebbe anche questa una scelta. Ma non l’ho mai fatto fino ad ora e sono sicuro che non lo farò. Perchè ho scelto di percorrere questo cammino, di prendere posto in aula mettendo così le fondamenta per il
mio futuro. Io scelgo di essere uno studente di Human, scelgo di essere presente a me stesso e agli altri, scelgo di non vivere di trasparenza.
Scelgo di diventare educatore per poter essere come gli educatori che mi hanno salvato dalla mia invisibilità. Ho avuto bisogno di vivere un “fuori” per poi entrare “dentro”, per poi scoprire
che entrambe le dimensioni vivono dentro di me: se non fossi stato fuori, non avrei amato il dentro e viceversa.
Sono un ragazzo di ventidue anni.
Sono stato e sarò sempre un ragazzo di Ambalakilonga.
Adesso che ti ho incontrato, è stato come prendere per mano il bambino che ero e continuare ad avere fiducia che questo cammino è infinito. Non inizia e finisce con me, io sono solo un altro mattoncino in questa vita, tu sarai il prossimo.
Fidati di me, non aspettare che qualcuno ti tiri dentro, che ti trascini nei suoi confini. Abbi coraggio di trovare i tuoi.
Vedi, sono uscito, per poi rientrare.
E quando uscirò di nuovo a fine giornata, sarò ancora più pronto a rientrare domani.
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