di Silvia Morici
Ogni viaggio ha le sue meraviglie e le sue difficoltà.
Quello che ho imparato è che nel donare, i nostri occhi si allenano allo stupore, a vedere le cose da prospettive diverse, a interrogarci, a non rimanere sulle proprie convinzioni. Ho imparato che ogni cosa è passeggera, ma ha una sua importanza nel momento che la si vive. Momenti, emozioni, persone.
Quante volte prima di partire mi sono chiesta che tutor sarei stata e poi mi dicevo, che solo in viaggio lo avrei scoperto. È nel vivere la quotidianità, è nel fare gruppo che ci si mette alla prova.
Se dovessi rispondere con il linguaggio dei fiori posso dire che sono stata una tutor “tarassaco”. È un fiore resistente e adattabile, che simboleggia speranza e fiducia, ma è anche un fiore a cui vengono affidati i desideri da esprimere. Prendere lo zaino e partire è straordinario, è malinconia, è felicità pura. Sperimentare insieme è vedere, capire e toccare quello che si vive, quello che si progetta.
E tu, che sei sia compagna di viaggio e sia tutor, vivi in questo dualismo perenne, ti muovi come se fossi su una zattera e cerchi semplicemente di far oscillare senza creare disequilibri. Scopri che fare numerose liste può essere d’aiuto come promemoria, ma non ti dà le risposte. Cuore aperto e orecchie in ascolto scopri saranno gli strumenti che ti permetteranno di tenere insieme il gruppo. Rispetto, pazienza, sensibilità per capire che direzione prendere e quando c’è bisogno di fermarsi e poi determinazione di non lasciare nessuna compagna o compagno di viaggio indietro.
Bisogna dimostrare resistenza affinché il gruppo non affondi, non è semplice, ma ogni viaggio è un incontro di parole, come il conforto che solo compagne e compagni di viaggio possono darti. Sono le loro parole, i loro occhi a fare il nostro viaggio. A costruire una memoria incancellabile. Viaggiare è fatica, viaggiare sta all’opposto della vacanza: richiede attenzione e concentrazione. Molte volte quando si viaggia c’è il rischio di alzare muri, ma la risposta a una barriera, rimane sempre il dialogo, questo ho capito in questo viaggio in Romania. Possiamo sempre scegliere che tipo di risposta dare a un comportamento e rimanere fermi come un muro sulle nostre posizioni o aperti in ascolto dialogando.
Quando ci incontriamo in viaggio non sempre comprendiamo perché avvenga in quel modo e non in un altro, ci basterebbe una spiegazione, una sola ragione per comprendere. L’altro è con me nel gruppo, mi rispecchia, mi giudica, mi valorizza. Il gruppo è affascinante e spaventoso, risucchia e trascina, consola e dà calore. A volte però le rotte che ci si presentano vanno seguite e basta, come fanno le nuvole. Sono l’una diversa dall’altra, cambiano forma in ogni istante, sono impalpabili, inafferrabili e indecifrabili.
Ripenso a questo viaggio e mi dico che bisogna essere pronti ad accogliere sempre tutto ciò che ci fa deviare, cambiare non soltanto strada, o percorso, ma sopratutto noi stessi. È il viaggiare che ci cambia nella forma, nell’aspetto, nel sentire. Proprio come il vento che plasma di continuo le nuvole e come loro si fanno plasmare. Il vero viaggio è accogliere questo cambiamento, gli imprevisti e tutto quello che il viaggio ci presenta davanti. Quindi come ci insegnano le nuvole bisogna prendere congedo da ogni istante passato per essere poi capaci ad accogliere il prossimo istante, viaggio o gruppo che sia. E per farlo dobbiamo riuscire a distaccarci da noi stessi e da ciò che eravamo in ognuno di quegli istanti.
Può andare lontano chi si smarrisce, chi si emoziona sotto un cielo stellato, chi sorride e avverte nell’aria il profumo dei fiori, chi continua a fare liste di parole, di paure, di speranze e di meraviglia.
Continuerò ad essere una tutor “tarassaco”: gialla come il sole; bianca come la luna e quando il vento mi accarezzerà nel suo abbraccio mi trasformerò in mille stelle fluttuanti e come piccoli desideri viaggerò nel mondo.
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