di Elisabetta Pagliuca

Il Madagascar, questa grande isola del continente africano bagnata dall’ Oceano Indiano ha sempre esercitato su di me un grande fascino, legato soprattutto alla sua storia. È stata infatti per alcuni secoli, terra di pirati e corsari, il rifugio di coloro che facevano il bello e il cattivo tempo nel Mar Rosso e derubavano le grandi navi mercantili provenienti dall’ Oriente. Be’, i pirati avevano un loro codice, una loro gerarchia ben precisa, una dubbia, se non nulla moralità e la fiducia che gli uni riponevano negli altri era direttamente proporzionale al proprio tornaconto.

Ma il Madagascar che ho avuto la fortuna di conoscere va ben oltre questo fascino che ha ispirato numerosi racconti e romanzi e non ha niente a che vedere con la logica dei pirati.

La comunità di Ambalakilonga è qualcosa di speciale, che tira fuori il meglio di ognuno, se solo ci si lascia accogliere e stupire, senza giudizio e senza alcuna pretesa di comprendere tutto e subito. È allegria, speranza, risorsa e nostalgia. È un’esperienza indimenticabile e un posto dove tornare.

Le persone che la abitano, la vivono, vi lavorano e la rendono così unica sono tante, diverse, e ognuna dà il proprio pezzettino con cura e attenzione. Ognuna è parte di un progetto condiviso, senza retorica o banalizzazioni. In questo breve periodo ho abitato un luogo che mette al centro il benessere e il futuro di bambini, ragazzi e adulti, basandosi su una relazione costruita sulla fiducia e su un’alleanza educativa positiva, facendo rete con il territorio.

Ambalakilonga, che letteralmente significa il villaggio dei ragazzi, è in realtà molto di più. È un gruppo di persone che ogni giorno sceglie di stare dalla parte di chi non si arrende e di chi crede nel proprio futuro, con coraggio e perseveranza. Io mi sono lasciata trasportare fin da subito, entrando in punta di piedi, cercando di non disturbare, ma senza farmi intimidire dalle inevitabili difficoltà, non solo linguistiche. Insieme ai miei compagni di viaggio mi sono dedicata a tante attività, cercando di fare tutto nel modo migliore possibile. Ricorderò per molto molto tempo le sensazioni e le emozioni vissute in questo viaggio e so che sarà difficile trovare le parole adatte per descriverlo.

E ricorderò il nostro ultimo giorno di permanenza qui.

Con tanta nostalgia nel cuore e qualche lacrima agli occhi, abbiamo organizzato delle attività da fare con i ragazzi della comunità e un gruppo di giovani turisti che sono venuti a conoscere il progetto. Nella sala comune, la grande salle, abbiamo allestito degli spazi, delle “isole” con attività diverse: le tempere e i colori per lasciare la nostra traccia su un unico grande cartellone, giochi da tavolo e puzzle da fare insieme, l’angolo della scrittura per fissare quello che noi consideriamo valore, un grande foglio su cui realizzare un disegno tutti insieme. E noi tutti, volontari, ragazzi, turisti, educatori abbiamo girato per le isole, abbiamo giocato, abbiamo scritto, lasciato la nostra traccia, disegnato e colorato. Eravamo lì, tutti insieme, chi da molto tempo, chi da un mese, chi solo per un giorno, chi nel suo ambiente di lavoro, chi di quel posto ha fatto la propria casa, chi lo conosce per la prima volta, in unico grande cerchio ideale, che accoglie e abbraccia.

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