di Priscilla Cecconato

Hai mai sentito nominare la storia dei 5 Malfatti, tutti un po’ strani e con qualche difetto? Che un bel giorno si ritrovano a far i conti con un tipo Straordinario nel quale di storto non ci bazzica un bel niente?

E’ la storia con cui i bambini del Campus Milano si sono trovati a fare i conti… una storia che li ha sfidati e ha parlato al cuore di ognuno di loro. Eh si, perchè in fondo, siamo tutti un po’ dei Malfatti, con i nostri difetti e le nostre paure. Difetti che se “visti” sotto un’angolatura differente possono essere il motore del nostro stesso cambiamento; e poi lo Straordinario, che mi piace immaginarlo come quella parte di noi più intima, che non si vuole riconoscere le proprie fragilità, e in un certo senso si aspetta di essere un supereroe sempre perfetto, con la frase giusta da pronunciare, l’azione corretta da compiere e l’essere performante agli occhi degli altri perchè gli altri appaiono sempre più perfetti di noi e anche noi vogliamo essere Straordinari ogni tanto.

E in questo “fare” ci dimentichiamo di Essere Umani, privandoci anche del “coraggio di Essere Umani”.

E questo coraggio ritorna in questo viaggio: un viaggio relativamente vicino ma che ha saputo toccare “corde” profonde dell’animo umano… un viaggio che si è accinto a mostrarmi la purezza e l’ingenuità proprie dei bambini… un viaggio in cui in ogni volto mi sono riconosciuta un po’ anch’io… un viaggio che mi ha permesso di donare agli altri parole, pensieri che tempo fa avrebbero aiutato me ad evolvere e che ora sono arrivata a riconoscermi da sola… un viaggio in cui ho accolto un sentimento che solitamente rifuggo: la rabbia.

Un’emozione che ho provato nell’essere ascoltatrice di storie devastanti, dell’immenso coraggio che viene richiesto a certi giovani e meno giovani per riscattarsi, per allontanarsi dall’omertà e da alcune vite che appaiono più convenienti, da come il luogo e/o la famiglia in cui nasci o dalle persone che incontri possano mutare così tante opportunità. E quindi ringrazio tutta questa rabbia perché mi ha aiutata a ricordare quanto sono fortunata, a cogliere ancor più determinati sacrifici che altri hanno compiuto per me e a quanto per me sia importante essere il cambiamento che voglio vedere nel mondo.

Ringrazio quindi questo viaggio che, anche se a Milano, ha saputo annaffiare una piccola piantina che aveva paura di fiorire: Priscilla.

E, forse, proprio perché si trattava di Milano, una meta un pò sottovalutata, è stato ancora più difficile raccontare di questo viaggio a chi non c’era: ai miei genitori, agli amici e ai colleghi di lavoro. Far assaporare la magia insita negli incontri di volti e storie di bambini, famiglie, ragazzi e adulti che ho osservato e ascoltato è stato arduo, perché non si è trattato solo di un viaggio in cui si è donato una parte di sé ma anche un percorso in cui si è tornati trasformati, dove la cura e l’attenzione per il dettaglio si scorgono nel fare quotidiano e non nel dirsi. Una cura che ha attenzionato ogni momento trascorso nel gruppo “I love Milano”.

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