di Isabella Marcucci

Mi ritrovo qui al lavoro, seduta alla scrivania con davanti il mio PC, e non faccio che pensare a ieri… a quell’isola così magica grazie agli occhi, agli abbracci, ai silenzi, agli sprazzi di vita condivisa, alle condivisioni di esperienze, di sogni, dei ragazzi della Mammoletta.

Qui, seduta davanti allo schermo del PC mentre scorro le foto del Campus, a ripetere mentalmente i loro nomi per non scordarli. Ma come dimenticarli? Come scordare il calore di quegli abbracci, il profumo di capelli appena lavati, e il sapore di quella pizza, sinceramente, raramente ne ho mangiata una così buona!

Il tema del Campus era il “Confine”, parola ricca di significato, dal latino, indica “limite comune”, e così è stato, ognuno di noi ha modificato il proprio confine, lo ha allargato per permettere agli altri di entrarci, in piccole o grandi parti, con rispetto, in punta di piedi, accogliendo senza giudizi l’altro, lo ha ridisegnato, ha scoperto di averne uno fatto di carne, ed uno più invisibile.

Come dice Khalil Gibran:

 “Se ti sedessi su una nuvola non vedresti la linea di confine ……….. Peccato che tu non possa sedere su una nuvola”


Noi lo abbiamo fatto, abbiamo legato ad un filo i nostri sogni, le nostre emozioni, abbiamo scelto i nostri colori, e gli abbiamo dato una forma, quella di un aquilone, il nostro aquilone,

Lo abbiamo costruito con le nostre mani, ci siamo innervositi quando non veniva come volevamo, abbiamo incollato i pezzi fra di loro con lo scotch, gli abbiamo dato un sostegno, lo abbiamo bilanciato e poi in spiaggia abbiamo volato!

Non importa quanto alto sia andato, non importa se il vento era poco, era il nostro aquilone che prendeva vita, eravamo noi, quanta fatica per farlo volare, per costruirlo, ma che bellezza vederli tutti insieme danzare, colorare il cielo.

I nostri confini si erano allargati ancora di più.

Gli occhi in su a guardare gli aquiloni volare diventano il nostro sguardo a guardare in giù da una nuvola…..

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