di Martina Pulejo

Un cerchio di persone, una urla Taco, un’altra Gatto, Capra…oh no è uscita la Marmotta, veloci che l’ultimo si prende tutte le carte scartate! Un normale pomeriggio in Cascina di un normalissimo e caldissimo pomeriggio di luglio. Ma se guardi bene, niente è normale, tutto è insolito, raro, prezioso.

Ti ho incuriosito? Allora scegli la sedia più comoda che hai, siediti che ti racconto una storia, costruita su scrittura che si intreccia: il trasloco difficile, la gita a Citylife dopo tanto tempo che non riuscivo ad uscire di casa, la voglia di rivalsa, la passione dei gatti, l’arresto, la prima volta al mare, quel giorno in cui non sono più tornato a casa, l’amore che scoppia potente.  Ma iniziamo dal principio…

Riavvolgiamo il nastro e torniamo al 22 luglio. Inizia il Campus “Bottega delle parole” per adolescenti nel pomeriggio e per gli ospiti della comunità Exodus al mattino.

Alle 14 varcano il cancello della Cascina un gruppo di ragazzi con tanta curiosità negli occhi. Tra giochi da tavolo, rievocazione di ricordi, scrittura personale e illustrazioni il gruppo inizia a conoscere nuovi aspetti di sé e degli altri, a sostenersi l’un l’altro, a vedere ed avere cura dell’altro.

E in un mondo in cui ti raccontano che “i giovani d’oggi” pensano solo a sé, vivono sui social e per una foto instagrammabile, è disarmante vedere un gruppo di questi giovani d’oggi che per due ore si dimentica la vita che c’è fuori dal cancello.

Ti lascia senza fiato vederli completamenti immersi nella realizzazione di illustrazioni dei propri ricordi o nella scrittura di una parte di sé. Ti commuovi ad ascoltarli mentre si raccontano, mentre mettono sotto la lente un frammento di loro e tu, a tua volta, ti racconti. La potenza della scrittura ci permette di vedere l’altro e di rivederci nell’altro. L’età si annulla e mentre ascolti D. che racconta la sua prima festa in spiaggia, ci sei anche tu su quella spiaggia e provi le sue stesse emozioni: felicità per la festa,  paura che il genitore possa non dare il permesso, sollievo quando ti dice che puoi andare.

La mattina in maniera speculare inizia il Campus rivolto agli ospiti della comunità Exodus, inizialmente c’è diffidenza, “ma dobbiamo scrivere tanto?” chiedono, “io domani non ci sono” dicono. Qui la scrittura ha un altro potere: rimuovere, smussare qualche pregiudizio. Così il “io non ci sono domani” si è trasformato in “rimango fino a quando non è il momento di uscire”, “domani vengo prima così finisco di realizzare le carte”. Da “che cose strane e inutili che fate” a “certo però che sono fighe!”.

La scrittura permette di andare oltre la copertina e vedere che storia si nasconde, fatta di inciampi, strade sbagliate, ma anche e soprattutto di voglia di rivalsa, di perdono verso sé stessi, di paura una volta fuori. Così la copertina non rimane uguale a quella di tutti gli altri, ma acquista mille sfaccettature, caratteristiche uniche.

Ma qual è la magia che ha dato vita a tutto questo, ora mi chiederai? Semplicemente aver creato un’opportunità d’incontro scevra da ogni giudizio, in cui ognuno può sedersi comodo, come lo sei ora tu che stai leggendo, e può raccontarsi quanto e come più preferisce. Non importa se sei un adolescente che ascolta Bts, un ragazzo che vive comunità o una ragazza che ha preso un treno per arrivare là.

Siamo arrivati alla fine della storia, ma come ogni viaggio che si rispetti, non può chiudersi senza il rito del grazie:

– grazie alle mie compagne di viaggio che mi hanno vista e si sono prese cura di me

– grazie ai ragazzi adolescenti che mi hanno commosso ogni giorno

– grazie agli ospiti della comunità che mi hanno accolto a casa loro

– grazie anche a te che hai speso del tempo per leggermi, catapultandoti in Cascina a fine luglio

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