di Giulia Gili

Ambalakilonga mi accoglie come casa e famiglia. Ad ogni risveglio canta il gallo, il clima è leggero ed il cielo luminoso e azzurro, facciamo colazione insieme per poi augurarci una buona giornata. Mi scalda il cuore rivedere persone che non vedevo da anni, salutarmi come se ci fossimo visti anche il giorno precedente.
Alexandre che mi corre incontro: “Giulia!”… l’ultima volta che l’ho visto aveva 3 anni, ma a breve anche lui mi supererà in altezza.


“Ma tu sei già stata qui”, è Franciscò, diventato un bravissimo ragazzo. Sono fiera e felice di poter vedere che persona è diventato, e quanta strada fatta fino ad oggi.
Tin Tin e Rado ci invitano a pranzo, e ci offrono tutto quello che possono donarci… tutto questo mi riempie di gratitudine. Non è stato un limite avere da offrire riso e verdura, ed un tappeto su cui sedersi, è stato più grande il desiderio di condividere con noi, ed essere ospitali. Dentro di me scalpita spontaneamente una domanda: e noi, che abbiamo qualsiasi cosa ci serva, abbiamo questo desiderio? Quanto più potremmo donare? Eppure, quando ci viene chiesto di dare, ci giustifichiamo, dicendo non avere abbastanza per noi, da poter donare agli altri… ho convissuto con grandi esempi di amore ed accoglienza.


Lungo le strade, la terra rossa accompagna i bambini nel loro percorso polveroso, alcuni li vedi discendere con i loro giocattoli in legno, le bambine tengono i loro bambolotti dietro la schiena, giocando a fare la mamma. Altri, con un cartoncino, fingono di scattarci delle foto. I bambini della Maternelle che si aggrappano a noi, invadono ogni spazio e ogni cuore in un solo secondo… Sandrine che ora finalmente può camminare, correre, saltare. Vederli impazzire di gioia per delle semplici bolle.
Ma in questa terra non tutti hanno diritto ad essere bambini.
C’è chi, finita la Maternelle, coltiva i campi, vende la frutta o porta a pascolare le mucche. Il tempo per giocare diventa un privilegio.


Così, io ed Elisa abbiamo trasmesso, alle maestre di alcune scuole d’Infanzia di Fianarantsoa, strategie e strumenti per insegnare giocando. C’è tanto bisogno di giocare, per restare con i piedini per terra.
È stato bello vedere gli insegnanti mettersi in gioco, nella creazione del proprio palloncino, della propria marionetta, nell’invenzione di attività all’aperto, nel racconto di storie, sperimentare e ridere insieme. Sorpresa e soddisfazione, quando si sono scoperte e reinventate, hanno creato le proprie ali per volare più alto, come nuove maestre.

Il Madagascar fa sorgere in noi tanti punti interrogativi, il desiderio di aiutare ma anche desolazione e consapevolezza. Le donne del carcere, il desiderio di riscatto, la volontà di sentirsi utili e di imparare. Il desiderio di libertà non si fa femare da sbarre fisiche. L’isolamento, la divisione, l’alienazione, il bisogno di sostentamento e la determinazione a “farcela”… Giustizia o ingiustizia?


Mora mora. Ogni cosa viene fatta proprio così, piano piano. Ce lo insegna anche Tolotra, che ci ha invitati a lavorare nelle risaie, e che abbiamo potuto osservare durante un’attività minuziosa e di fino, preparare i sacchetti per la vendita delle spezie. Anche nelle risaie c’è posto per tutti, c’è bisogno della presenza, dei piedi, delle mani e della buona volontà di ognuno.


Arrivano le 18.30 e partecipiamo alla preghiera. È un peccato non aver imparato di più il malgascio: avrei volentieri cantato il Padre nostro insieme ai ragazzi della Comunità. Ha un suono melodico e tenero. Sono così tanti stavolta, che purtroppo non abbiamo potuto imparare i nomi di tutti e conoscerli, in così poco tempo.
Ho passato una buona mezz’ora, l’ultima notte, ad annotarmi tutti i nomi che ricordavo, senza sapere che non ne avrei avuto bisogno. Mi hanno letto nel pensiero, e ci hanno regalato un cartellone con tutte le loro firme, e gli sono davvero grata.
La gratitudine è una cosa semplice ma grande.


Sono grata ad Ambalakilonga, perché, aveva ragione Rosario, è la casa di ogni Esf, e ti accoglie in un modo speciale. Sono grata ad Educatori Senza Frontiere per permettermi di far parte di una famiglia stupenda. Sono grata ai miei compagni di viaggio, Cristina, Elisa e Fabrizio, a Rosario, a Marita e Francesca, perché, sembra banale dirlo, ma sono profondamente convinta che non sarebbe stato lo stesso viaggio senza ognuno di loro. Sono grata a tutte le persone che ho incontrato. Sono grata a me per essermi concessa l’opportunità di dire di sì, e di fare questo viaggio.

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