di Francesca Cervo
Vorrei portarvi con me, in quella terra che è stata casa, in quelle strade che sono state desideri di speranza e in quei sorrisi che fanno ritornare all’essenzialità della felicità. Non riesco mai a trovare le parole giuste per l’Angola, quando mi chiedono e ci chiedono “ma perché tornate lì?” Sul nostro viso si forma una piccola curva all’insù, si sospira e le parole danno voce al cuore.
Si torna per capire, per dare nuove possibilità e l’Angola per me ne è infinita. Si torna perché l’Angola è la terra delle strade (IM)possibili che a noi educatori senza frontiere animano il cuore e mettono in moto idee e passi.
Sono tornata in Angola, dopo averci vissuto per un anno e dopo un assenza di tre anni.
E’ un Angola post covid, fatta di mascherine che non sanno più cosa proteggere, una paura o una quotidianità? Un virus ormai un ricordo spazzato via dalla polvere della terra che viene sù dalle strade quando le signore sono con la scopa a “riordinare la polvere”.
Un Africa che ha l’odore di Africa, di odori sporchi, odori di lavoro, odori di cucina, di giovani ragazzi che ballano, l’odore della polvere che si alza quando si canta in chiesa e l’odore ormai del gel per le mani. Odore di alcool che a noi sa di pulito e disinfettato e di rassicurazione. L’ho visto utilizzare nelle messe, dopo quel segno della pace che ci rende tutti uguali eppure ci spaventa questa volta.
Pace e Paura. Paura di stare male in una terra lontana, paura che ci fa coprire la notte con zanzariere e autan, paura di donare il sangue perché “chissà da dove viene quell’ago” e il tuo senso del dovere si spaventa.
Paura che si confonde con la passione per questa.
Ho stretto tante mani in così poco tempo, tantissime messe dove ho dato la pace al mio vicino sconosciuto.
Ho stretto la mano a tutte le persone che ho conosciuto per sigillare speranze di progetti futuri. Ho stretto la mano salutando le persone del passato e quelle che non vedevano l’ora di incontrarci. Ho stretto la mano e fatto stringere le mani a professori e colleghi i cui occhi ardevano di voglia di mettersi in gioco e creare legami. Ad ogni stretta di mano si accompagnava un sorriso.
Ho tenuto per mano la paura e fatto pace con questa terra. Non so ancora come spiegarti perché torno in Angola ma…
La mia Angola è fatta di colori che scaldano
La mia Angola è fatta di odori forti e profumi che ti ricordano casa
La mia Angola è fatta di piogge brevi che devastano e di soli roventi che ti colorano un po’
La mia Angola è fatta di costellazioni nuove e lune sottosopra
È fatta di un cielo azzurro che non esiste nella tabella cromatica
La mia Angola è fatta di risate dei ragazzi che amano ballare
La mia Angola è fatta di imprevisti e di tempi lenti… lenti
La mia Angola ha come simbolo un pensatore che attende…”poi capiamo”
La mia Angola è quel senso di odio e amore inspiegabile
La mia Angola è stata casa che mai mi scorderò
E’ un progetto da agire adesso
È sogno e realtà costante
È un bisogno da curare, la mia Angola è troppo difficile da raccontare
La mia Angola è un grazie a chi la abita, a chi ci crede e a chi l’ha vissuta con me.
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