di Aurora Maria Curatolo
Sei del mattino, sveglia e valigie pronte. Roma direzione Milano, il sole alto e il caldo di 6 ragazze che ancora non immaginavano l’esperienza che avrebbero vissuto da lì a poco. Non avrebbero mai immaginato di arrivare in una sorta di villaggio attraversato dal Lambro, con piccole “case” rosa con finestre verde bosco e così chiamate da chi per primo ha pensato a quel posto.
Il sole rifletteva sulle grandi finestre di “Casa Margherita” le prime parole lette entrando dal cancello. Si proprio casa Margherita che ci ha accolto per prime: dentro era proprio una casetta a due piani con scale a chiocciola, un tavolo e due divanetti al piano terra. Salendo su ci accoglieva un silenzio rassicurante e della musica rilassante e creativa.
Ma perché creativa? Tanti colori e forme e cartoncini erano racchiusi in quella grande sala al piano superiore, insieme ai dei ragazzi. Ebbene sì, tanti giovani adolescenti erano indaffarati nel ritagliare, colorare, disegnare e scrivere in una cartellina, donata a loro per un viaggio che stavano per raccontarsi. Pensai “anche loro come noi stanno iniziando un viaggio muniti del loro bagaglio personalizzato” e subito dopo anche noi creammo la nostra cartellina della Bottega delle Parole.
In quella stanza c’erano tante storie da raccontare con piccole parole o colori, o disegni, o fotografie. In effetti quando non riusciamo a mostrarci all’altro è bello poter usare la creatività per rivelarsi. La sorpresa di scoprire giorno per giorno attraverso le parole degli adolescenti le passioni, i colori, le culture tutte diverse e speciali che mescolate fra loro adornavano la stanza.
Un giorno raccontammo di noi attraverso una mostra: ogni storia apriva un cuore e avvicinava gli sguardi di ognuno di noi. Chi l’ha detto che essere giovani vuol dire non avere un bagaglio di storie da raccontare? La risposta era in quei dipinti appesi alle vetrate come quadri unici, autentici e che raccontavano storie dolci, simpatiche, tristi, di ricordi sfumati o meno. La parola che più risuonò quel giorno fu “Inediti”.
E un giorno il viaggio si inoltrò fuori dalle vetrate di casa Margherita, spostandosi alla stazione centrale di Milano. Come degli artisti e scrittori potevamo ritrarre o raccontare di chi per caso passava davanti a noi. Potevamo farci ispirare da più passanti e più particolari ed inventare le storie di queste persone. Presto avremmo letto di “storie della stazione dei treni”.
Negli occhi dei ragazzi ho letto fantasia, curiosità, dubbi e ricerca di avventura. In questo viaggio insieme abbiamo parlato anche diverse lingue, perché come la creatività ci sono parole che hanno forme diverse ma stesso significato: il boliviano, l’arabo, lo spagnolo, il peruviano, il milanese, il romano, il siciliano erano tutte lingue e dialetti ammessi tra le parole di quei giorni.
Anche le foto hanno un loro modo di parlare, ma le nostre avevano un mondo per mostrare le 3 caratteristiche racchiuse in ognuno di noi. E così un giorno, a coppie potevamo fotografarci in mezzo al giardino dietro casa Margherita. La natura ha ispirato tutti noi con magnifici scatti e ciò che ha reso migliore molti di noi è stato potersi vedere con gli occhi di qualcun altro. La parola di quella giornata fu “fotografia”
Questi giovani e noi con loro, siamo stati un grande gruppo di coraggiose menti. Coraggiosi perché attraverso la nostre peculiarità, capacità e creatività abbiamo mostrato l’inedito che è in noi. Per quest’estate le parole mettono un punto, ma chissà quante altre parole ricominceranno il loro viaggio…
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