A cura di Elisa Guidotti
La città che si racconta La nostra città, che è fatta dalle cose che odio, dalle cose che amo. È solo amare, siamo le relazioni che viviamo. La nostra città, racconta il tragitto per andare a scuola, per allenarsi. La nostra città, è quello che c’era vicino a casa mia. Racconta i miei sogni, l’NBA e la mia scuola. Le mie passioni. La nostra città, è una cucina dove poter stare tutti insieme intorno a un tavolo, è un piccolo paesaggio, con alberi e montagne. La nostra città, siamo noi con le nostre nuvole che a volte nascondono il sentiero, con il sole che serve ad illuminarlo, con i fiori che lo rendono colorato.
La città che si racconta nasce durante un pomeriggio di doposcuola allo Spazio47, lo Spazio per adolescenti che ESF ha aperto in via Rizzoli 47, a Milano.
È un pomeriggio nuvoloso, abbiamo finito i compiti e ci sediamo intorno a un grande tavolo.
“Ci” sediamo perché siamo un gruppetto di una decina di ragazzi, tutti adolescenti. Ci sono anche tre educatori e anche loro si siedono attorno al tavolo.
L’aria è quella frizzantina di inizio dicembre, il cielo sta cambiando vestito e l’anno sta iniziando il conto alla rovescia.
In mezzo al tavolo ci sono pennarelli colorati, cartoncini, giornali con tantissime immagini, carta crespa, scotch e colle: ci dicono che possiamo usare quello che vogliamo per costruire la nostra mappa.
Ma…la mappa di cosa? Di chi?
La nostra, di mappa. La mappa di noi stessi. Come quella che si usa quando si arriva in una città che non si conosce ma che vorremmo visitare, scoprire.
E così, attraverso le parole, disegno e immagini raccontiamo qualcosa di noi. Quello che ci piace fare quando non siamo a scuola, oppure la città che dobbiamo attraversare ogni giorno per raggiungere scuola.
Raccontiamo dei nostri sogni, dei nostri desideri.
Ci facciamo conoscere, piano piano. Come quando entri in un museo e c’è quel percorso che si illumina che dobbiamo seguire per raggiungere quell’opera d’arte per cui i turisti di tutto il mondo si mettono in coda per ammirare.
Non siamo solo quella decina di adolescenti che si ritrova due pomeriggi alla settimana per fare i compiti, siamo un cunicolo di strade e viuzze da conoscere, vedere, fotografare.
Siamo delle opere d’arte, magari a volte sommerse sotto cumuli di polvere perché a volte ci dimentichiamo di brillare.
Siamo parole fatte per essere raccontate, per essere ascoltate.
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