Scritto da Elisabetta Pagliuca
Siamo alla ludoteca dell’ospedale. Fuori c’è un piccolo parco con dei giochi. La casetta, lo scivolo, il dondolo e l’altalena. Già, l’altalena. O meglio le altalene. Sono quattro e oggi sono tutte occupate. I bambini ci salgono e provano a dondolarsi, ma non ci riescono da soli. Gambe penzoloni, braccia sulle catene che reggono la seduta, si guardano intorno.
Chiedo se hanno bisogno di aiuto. “Empurra” mi dicono: “Spingi”. Io naturalmente lo faccio. Li spingo, tutti, a turno, uno alla volta. Sono felici, ridono.
“Basta” mi dico a un certo punto, “Possono farcela anche da soli”. Mi metto al loro fianco e comincio a spiegare a ognuno come si va sull’altalena.
Cerco di farmi capire con i gesti, molti e con le parole, poche a dire il vero, quelle fondamentali perché arrivi il messaggio.
“Gambe in avanti, spalle indietro, gambe indietro, spalle in avanti” provo a dire in portoghese. La gestualità, però, è inequivocabile. Il più grande impara immediatamente e compie subito grandi oscillazioni. Mi guarda e sorride soddisfatto, leggero, libero.
Lo guardo e sorrido anch’io, forse ancora più soddisfatta di lui per l’impresa compiuta. Accanto c’è un altro bimbo, più piccolo. All’inizio si allontana, cambia gioco, ma poi torna e ci riprova con determinazione.
Piano piano anche lui inizia a muoversi e a sorridere, felice. Anche il bambino vicino vuole provare. Ha qualche difficoltà, magari è la prima volta che sale su un’altalena. Ma cosa importa? C’è sempre una prima volta.
E deve essere indimenticabile!
Eccolo, anche lui in poco tempo è in grado di spingersi. Ride, allegro. Via via tutti i bambini presenti imparano. Ridono felici e soddisfatti di questa piccola grande conquista, che li rende orgogliosi e fieri di loro stessi.
E poi c’è il piccolino. Non ha nessuna intenzione di imparare. Vuole solo essere spinto un pochino, vuole semplicemente dondolare, mi guarda e mi parla con gli occhi: “Empurra”, “Spingi“. Io spingo. “Va bene anche così”, mi dico. Spingo, ma non smetto di dare indicazioni. Ormai l’ho presa come una missione. Questo è il mio compito oggi.
Perché tutti noi abbiamo il diritto di provare quella sensazione di leggerezza e di libertà che solo l’altalena può dare, di avere l’impressione di arrivare fino al cielo e di toccare le nuvole. Perché se possiamo dondolare possiamo anche sognare.
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