di Rosario Volpi

Passiamo la vita ad accumulare, aumentare, ingrandire, complicare.
Cresciamo con l’idea che più si ha, vestiti, oggetti, casa, amici, soldi, impegni, bisogni, desideri… meglio è.
Le nostre esistenze sono piene di cose. Consumiamo tutto, anche le relazioni. Siamo diventati noi stessi dei prodotti, anello finale di una catena del consumo che continuamente crea nuovi bisogni.

La fase di capitalismo che stiamo vivendo” dice Josè Pepe Mujica,  “ha portato il progresso. Probabilmente ha aumentato l’aspettativa di vita di 40 anni. Ma, allo stesso tempo, ci ha rovinato la vita, ci ha rubato il tempo. Ci ha trasformato in merce di scambio. Siamo tutti in vendita. Abbiamo una montagna di bisogni superflui.  Buttiamo via, compriamo, buttiamo via e… Ma è la nostra vita che stiamo sperperando. Perché quando compro qualcosa o tu compri qualcosa, non lo compriamo con i soldi, lo compriamo con il tempo della nostra vita che abbiamo speso per guadagnare quei soldi. Con l’unica differenza che l’unica cosa che non si può comprare è la vita. La vita si esaurisce. Ed è terribile sprecare la propria vita per perdere la libertà. La vita è troppo bella per darle così poca importanza. Forse dobbiamo aspettare che il malcontento si diffonda per renderci conto del valore che hanno le cose più semplici e fondamentali della vita.

Siamo più concentrati su ciò che ci manca che a prenderci cura ed apprezzare quel che già abbiamo. Immersi in questo consumismo totale e devastante, siamo sicuri che la felicità sia continuare ad aggiungere cose? Tutto questo “troppo”, questo “sempre di più” ci fa felici?

La foto che fa da sfondo a questo articolo mostra le poche cose che Gandhi possedeva quando morì. I sandali, gli occhiali, un orologio, qualche vestito, meno di dieci oggetti. Un’immagine che parla di una vita luminosa e leggera, che pacificamente e in silenzio ha protestato contro le ingiustizie di questo mondo.
Ecco, in questo cammino di avvento, facciamo qualche passo nei sandali di Gandhi, facciamo un pezzo di strada insieme a lui per imparare che la felicità non consiste nell’accumulare, nel “riempire” infinitamente le nostre vite. Forse il primo passo da fare è iniziare ad alleggerirci, ad eliminare ciò che non ci serve.

 


Comincia a fare spazio nella tua vita, pulisci, riordina, valorizza ciò che ti fa felice, e soprattutto impara a scegliere e a dire di no a tutto ciò di cui non hai bisogno, che incomba o ti fa stare male. La felicità non dipende da ciò che possiedi, ma nel prendersi cura dell’essenziale. Dell’essenziale per te: non hai bisogno di fare una lista, perché il tuo cuore sa già benissimo ciò e chi lo fa felice!

Ama
saluta la gente
dona
perdona
ama ancora e saluta.

Ama
Dai la mano
aiuta
comprendi
dimentica
e ricorda
solo il bene.
E del bene degli altri
godi e fai godere.
Godi del nulla che hai
del poco che basta
giorno dopo giorno:
e pure quel poco
–se necessario-
dividi.
E vai, vai leggero
dietro il vento
e il sole
e canta.
vai di paese in paese
e saluta tutti
il nero, l’olivastro
e perfino il bianco.
Canta il sogno
del mondo
che tutti i paesi
si contendano
di averti generato.
(David Maria Turoldo, Canto il sogno del mondo)

In questo nuovo avvento potresti prendere una grande cesta, e ogni giorno mettervi dentro qualcosa di cui ti vuoi liberare (vestiti, sciarpe, guanti, libri…) ma che può ancora essere utile a qualcuno. Prima di Natale poi fai un bel pacco regalo e offrirlo, poi siediti, magari con una bella tisana, e goditi questo nuovo inizio di libertà!

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