di Giulia Monaco (corsista di tre edizioni de La Bottega delle Parole di Gabriella Ballarini)
È giovedì. Prendo la metro, arrivo, entro.
“Lasciate le scarpe all’ingresso”, recita un cartello.
Nella Bottega si entra piano, un passo alla volta, all’inizio con un po’ di timore nei confronti di tutti quegli occhi sconosciuti, di quegli strumenti del mestiere, di quegli arnesi. Poi, però, col tempo tutto diventa più semplice: ogni gesto, ogni parola, ogni sorriso, persino ogni lacrima. Non hai più paura nella Bottega, perché lì non c’è giudizio, non c’è giusto e non c’è sbagliato. Ci sei solo tu, con la tua scrittura.
È giovedì. Accendo il computer, apro Zoom, entro.
“Oggi voglio sperimentare una cosa”, ci dice Gabriella.
Sono a casa, siamo in lockdown e le scarpe hanno lasciato il posto alle pantofole, ma nella Bottega si cammina bene anche con quelle, non si rischia di scivolare, non più. Sì perché ora la Bottega è Casa, è il luogo dove poter essere te stesso, dove puoi permetterti di accumulare fotografie, fogli, libri e quaderni, pastelli, tempere e pennarelli, colla, forbici, riviste e giornali. La Bottega ora è la “cameretta” che poi diventa “stanza” che poi diventa “camera da letto”. La Bottega ora è dovunque ci sia tu, con la tua scrittura.
È giovedì. Cammino verso la Darsena. Mi siedo.
“Finalmente ho visto qualcosa di poetico e civile in questa Darsena”, un bigliettino scritto per noi da un passante, il suo sorriso ci saluta da lontano e va via. Le scarpe le ho ai piedi questa volta, mi hanno portata fino a qui. Dopo quasi un anno, dopo tutto quello che non è andato come doveva andare. Dove resti solo tu, con la tua scrittura.
“Cos’è la Bottega delle Parole?”, me lo sono chiesta spesso in questi giorni, me lo sono chiesta spesso in questo anno di incontri e ho pensato che la Bottega delle parole è veramente tante cose, è veramente tanto.
La Bottega delle parole è mettersi in gioco, è provarci e riprovarci anche se poi non si è troppo soddisfatti del risultato, è imparare dagli altri.
La Bottega delle parole è Gabri che con le sue Dottor Martens’ e la sua ciocca verde acqua trova sempre le parole giuste per permetterci di tirare fuori al meglio il mondo che abbiamo dentro.
La Bottega delle parole è ammirazione, sguardi, conforto e risate, è le storie di ogni singolo componente del gruppo. La Bottega delle parole è l’organizzazione e la precisione di Chiara, prima, e di Alda, poi.
La Bottega delle parole è riuscire a scrivere e a raccontare episodi di cui, fino a quel momento, non eri riuscito né a scrivere, né a raccontare e né tantomeno a parlare.
La Bottega delle parole è provare a scrivere poesie, è provare a immedesimarsi negli altri, è tenere diari, stilare liste e inventari, è incollare manifesti in giro per le città.
La Bottega delle parole è commozione. La Bottega delle parole è emozione.
“È l’ora del tramonto, chiude la Bottega delle parole.
C’è vento. La chiave è nella toppa. Un altro sguardo all’interno per controllare se è tutto in ordine. Lo è. C’è vento, però. Un vento di quello leggeri, che ti accarezza la pelle, fa vibrare le ciglia e socchiudere gli occhi. C’è vento.
E i riflessi sono vividi come i ricordi, parlano di incontri e di voci che ti hanno lasciato senza fiato. Siamo stati parte di quel vento e ne saremo ancora parte, ognuno con il proprio significato, che poi spesso è lo stesso.
C’è vento. E la cera diventa solida mentre la serenità si scioglie e quel groppo in gola non va via. Noi siamo stati, siamo e saremo sempre “poesia”. È davvero l’ultima volta?
C’è vento. La chiave è nella toppa. La serratura scatta. Le parole volano.Ti senti meglio?”
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