Quest’anno gli educatori e le educatrici senza frontiere non partiranno. Ci prenderemo il giusto tempo per rigenerarci ed essere pronti a preparare nuovamente lo zaino e portare avanti i nostri progetti in giro per il mondo. Vogliamo però raccontare i nostri viaggi, partendo dalle foto più significative. Buon viaggio insieme a noi.
Scritto da Vincenza Bonavoglia
I colori del tramonto, una chitarra e maldestri tentativi da parte mia di imparare qualche canzone in malgascio: ecco racchiuso in un’immagine e quattro parole uno dei momenti impressi in maniera indelebile nei miei ricordi.
Io, che mi sono definita sempre un’amante sfegatata dell’alba, in Madagascar ho imparato invece ad apprezzare la bellezza del tramonto, di quel tempo in cui ti era concesso di rallentare ed assaporare la giornata che volgeva al termine. Quel tempo in cui ho sperimentato, forse per la prima volta in vita mia, l’autenticità del mettersi in relazione con qualcuno, che va ben oltre il comunicare qualcosa con le parole; è il tendere la mano verso l’altro; è lo scrivere la pronuncia delle parole malgasce sul mio quaderno per permettermi di leggere i testi delle canzoni più velocemente; è strimpellare qualche canzone italiana qua e là per farmi sentire più a mio agio.
È questa una di quelle cose che ho cercato di portare via con me e di mantenere anche una volta tornata “in patria”: apprezzare di più il tramonto, concedermi il tempo per fermarmi e ringraziare, tendere sempre la mano all’altro e cercare di entrare in relazione autentica anche con chi parla la mia stessa lingua e appartiene alla mia stessa cultura.
E oggi, a un anno esatto dal mio viaggio, mi capita spesso di fermarmi alle 18:30 e di canticchiare il padre nostro malgascio, perché so che in quel momento anche lì ad Ambalakilonga stanno facendo lo stesso, e un po’ mi sento ancora lì con loro, in cerchio seduta nella cappella della comunità, mentre fuori i colori del tramonto sbiadiscono e la giornata volge al termine.
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