di Veronica Castellani
Casa.
Quale è la mia casa? Quante case sto attraversando e incontrando in queste settimane di viaggio? Quante case lascerò dietro di me e quanti odori di casa porterò sempre con me?
Ve le racconto tutte, le case che sto amando.
Casa è dove ho preparato la valigia, dove ho inserito vestiti leggeri e vestiti pesanti perché non sapevo la temperatura del posto dove sarei andata. È dove mi sono emozionata salutando e dove ho lasciato le chiavi perché so che qualcuno mi aspetterà e aprirà la porta prima che sia io a farlo.
Casa è dove sono partita mettendo in valigia tutto ciò che sono, e fermata dopo fermata, città dopo città, ho inizio a scompormi e continuo a farlo ancora…emozione dopo emozione, persona dopo persona.
Casa è dove torno qui, ogni sera, nella Casa Madre Maria, un posto che sa di infanzia, di condivisione, di stanchezza, di piccole donne e di crescita; dove ci sono bambine di tredici/quattordici anni che non hanno bambole con cui giocare, ma bambini, i loro bambini. È uno di quei posti che ti accoglie a braccia aperte e ti entra dentro tra latte e abbracci, tra minestrine e sorrisi sdentati, e ti porta in un mondo che subisce la parte peggiore di tutto ciò che c’è fuori questo cancello grigio.
Casa è il micro che ogni mattina mi porta in qualche luogo diverso. È una casa spesso scomoda e piena di persone, dove ho incontrato l’umanità, quella vera. È il posto che mi ha fatta conoscere gli angoli croccanti di Santa Cruz, che mi ha fatta “ballare” quando le strade erano troppo rovinate o troppo piene di terra.
Quella terra lì, anche quella è la mia Casa, mi ha sporcata tutta, continua a farlo ogni giorno e inspiegabilmente pulisce anche gli angoli più profondi di me stessa. Terra che mi fa bruciare gli occhi, terra che mi fa sembrare abbronzata, terra che mi sporca i vestiti, terra che mi fa abituare a questa vita, così diversa, sono pur sempre dall’altra parte del mondo.
Casa sono le carceri minorili dove andiamo ogni giorno, dove passiamo le giornate intere, dove conosciamo i ragazzi e le ragazze e conosciamo soprattutto noi stesse. Sono Case diverse: alcune sono belle, sanno tanto di Casa e poco di carcere, hanno un odore che somiglia tanto alla famiglia anche se non lo è davvero, perché spesso è proprio la famiglia a far arrivare i ragazzi/le ragazze in questi posti. E poi ci sono quelle che di Casa sanno poco. Ma i ragazzi e le ragazze sono sempre gli adolescenti che hanno il sogno di uscire, di tornare liberi, e allo stesso tempo la temono quella libertà, hanno paura che le strade di questa città possa farli ancora sbagliare, amano la compagnia ma sanno di essere soli. Sono gli adolescenti che sognano di diventare calciatori, dottori, architetti, o più semplicemente sognano di avere un lavoro per mantenere la famiglia. E le ragazze, quelle che sognano di diventare mamme, di rivedere i propri figli o quelle che di diventare mamme ne hanno paura. Quelle che sognano di viaggiare e quelle che sognano di ritornare a Casa.
Cos’è casa? È davvero uno spazio fisico? O sono queste persone che stanno facendo la mia Casa? Sono i loro errori, la loro voglia di cambiare, la loro capacità di essere dei cuccioli d’uomo pur avendo commesso grandi reati, sono quelli che si nascondono dietro la colonna per non farsi notare e sperano fino all’ultimo che tu ti accorga di loro e che abbia voglia di ascoltarli e di non farli sentire poi così colpevoli.
Casa sono gli occhi delle mie compagne di viaggio, i loro punti di forza e le loro debolezze che, unite, hanno fatto le colonne portanti di questo lungo mese che stiamo passando insieme. Sono i loro piccoli gesti e la cura che mettono in quello che fanno, ognuna con i propri modi, questa è Casa.
Casa saranno le braccia aperte di chi ci aspetterà in aeroporto, in stazione, a Casa o ovunque sarà, di chi comunque ci aspetterà.
Casa è chi ti sussurra all’orecchio “Cuidate” che qui, in Bolivia, si usa come augurio quando ci si saluta, è un invito a fare attenzione, a prendersi cura di sé stessi. E se qualcuno ti guarda e ti augura di prenderti cura, puoi già sentirti un po’ a Casa.
“Si parte, si sosta, si torna”.
Ho conservato sempre con cura queste parole, ora è arrivato anche il mio momento. Sono partita, sono rimasta qui, ho sorriso fino ad avere il mal di pancia, ho pianto fino a sentirmi fuori luogo, ho guardato ogni angolo, ho abbracciato anche quando non era il momento, perché è sempre il momento di aprire le braccia, ed ora sono quasi pronta per tornare.
Sarà difficile rimettere tutto in valigia, sarà ancora più difficile riuscire ad aprirla quando tornerò a Casa, per paura che qualcosa si disperda nell’aria prima ancora che io riesca a rendermene conto.
La mia valigia: una Casa con le ruote, è il regalo più bello che potessi farmi nella vita.
Si torna…verso Casa, innamorata della Bolivia e di tutto quello che questo Paese mostra e nasconde.
Grazie.
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