di Sara Cofani
“Dove vado quest’estate?”
A Roma. A Santa Cornelia. In una Casa che ospiterà 50 bambini e bambine rom del Campo di Castel Romano, per una Summer School, in collaborazione con la Comunità di Sant’Egidio.
Rimango a casa, mi dico.
E invece sono arrivata in Siria, in Bosnia, in Guinea passando per l’Egitto e arrivando in Marocco e in Tunisia.
Ma la bellezza sta anche in questo: essere ovunque ma sentirsi a Casa sempre.
Avevo bisogno di respirare profondamente dopo un anno intenso.
Di riprendere il controllo.
Di stare con me.
Avevo bisogno di un luogo fatto di pace e cose belle. Quelle che in questi sette anni di ESF sono diventate, per me, irrinunciabili.
Cercavo uno spazio dove poter pensare all’essenziale.
Ed è assurdo immaginare che io, nel corso di due settimane faticose e piene di tutto, abbia ri-trovato proprio questo.
Ho incontrato uomini e donne, piccoli e grandi in grado di ricordarmi che si può vivere felici nonostante tutto: anche nella disgrazia, nel disagio, nella povertà, nella guerra, nella violenza, nella privazione delle libertà.
Ed ogni volta che incontro queste persone mi ricordo che, forse, qualcuno mi ha lasciato in sorte una missione. Quella del racconto.
Il racconto delle tante voci che, diversamente, rischierebbero di perdersi. Di passare inascoltate. Di essere confuse con altre mille voci che, magari, hanno il coraggio di gridare più forte.
Ecco, è per questo che vorrei raccontarti del tempo che ho speso a STARE.
A stare vicino a Fatima che, nella disperazione di non riuscire a fare i compiti, ci vede il privilegio di potersi riscattare dall’essere solo una “zingara, una che ruba, una che puzza”. Lei che invece ha 10 anni e sogna proprio come me e come te. E si arrabbia quando la mamma le chiede di badare ai suoi fratelli, perché, invece, vorrebbe tanto andarci… a scuola.
A stare davanti a Gabriella che vive alla stazione Tuscolana da tanti anni e che è preoccupata per il diabete che non riesce a curare, perché il frigo per tenere l’insulina lei non ce l’ha.
A stare con Paolo, che non può vedermi, ma che abbraccia i contorni della mia ombra.
A stare con Letizia, che ha bisogno di ritrovarsi nella sua fragilità.
A stare con Maya ed Amar, mentre mi insegnano l’arte dell’ospitalità e della cura.
A stare con Mohamed, mentre mi racconta del suo arrivo in Italia, con gli occhi di chi non smette di guardare ogni cosa come a divorare il mondo.
A stare con te, che mi chiedi presenza…nient’altro.
A stare anche nella frustrazione di non poterti donare quello che mi hanno insegnato, organizzando un laboratorio, proponendo un’attività.
Perché non siamo ancora pronti, perché non è questo che mi chiedi e perché non è questo quello di cui hai bisogno.
E allora mi ricordo di chi mi ha aperto la porta, di chi mi ha permesso di credere che nulla è impossibile per chi crede che ci sia sempre una possibilità e cambio il modo di guardarti e di guardarmi; ripetendomi che a noi ci basta Stare. Insieme.
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