di Chiara Ferretti
Prima di partire per questa avventura ho deciso di non crearmi aspettative perché volevo lasciarmi stupire da questi 10 giorni. Era la prima volta che mi confrontavo con il mondo dell’immigrazione ed è stata un’esperienza davvero intensa. È un ambiente pieno di contraddizioni, di problemi e difficoltà, ma estremamente interessante ed emozionante. Le attività che abbiamo svolto potevano sembrare semplici, forse quasi scontate, in realtà però ci hanno aiutato ad entrare in contatto con i ragazzi e a capire sempre qualcosa in più sulla loro vita.
È stato bello vedere quanta semplicità e bellezza può esserci nel disegno di una casa, di un’ automobile, di un mortaio o un bevitoio…ciò a cui aspirano e ciò che gli ricorda casa. Una casa lontana, che ormai è solo un ricordo ma che è sempre nei loro pensieri e nel loro sguardo.
È stato impegnativo riuscire a comunicare, ma dai loro occhi e dai loro sorrisi, bellissimi ma pieni di sofferenza, capisci che esiste un mondo, un mondo che avresti voglia di scoprire e comprendere al 100%, con la consapevolezza però che non accadrà e forse è proprio questo il bello.
Il giorno in cui abbiamo salutato i ragazzi ad Africo lo abbiamo fatto con un immenso GRAZIE e tutti, a modo loro, ci hanno lasciato un disegno, una frase, come Adnan, un grande sorriso come quello di Bakayoko, una stretta di mano, come quella di Arshad o un abbraccio, come quello di Bakari.
Sono davvero grata per quello che ho vissuto e per tutto ciò che questa esperienza mi ha donato, la conoscenza di persone che dopo quello che hanno affrontato e stanno vivendo ti salutano sempre con un sorriso, la collaborazione con donne e uomini che mi hanno fatto capire cosa vuol dire lavorare dedicandosi totalmente al prossimo con passione e fermezza, la condivisione di un’esperienza così intensa con le mie compagne di viaggio, tanto diverse ma con un obiettivo comune: la voglia di scoprire il mondo e il coraggio di mettersi in gioco.
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