di Sara Cofani
4 Agosto 2018.
Il mio buongiorno riparte da qui.
La strada da Addis Abeba a Soddo non è mai stata così lunga per me, tanta era la voglia di riabbracciarli.
Siamo su un pulmino e alle nostre spalle una montagna di valigie piene di tutto quello che animerà le nostre giornate; rendendole speciali, indimenticabili.
Mi emoziono nel guardare gli occhi curiosi di chi ha messo piede, per la prima volta, su questa terra meravigliosa. Mi commuove la gioia di chi ha condiviso la mia stessa trepidante attesa, felice di poter finalmente tornare.
Lungo il tragitto le strade sono ampie e le case precarie e basse, dentro ci vivono e sopravvivono famiglie numerose. Ricomincio a sentir parlare amarico e inglese, percepisco gli odori di chi cucina ed il profumo del caffè tostato. Non mi sono mai sentita così al sicuro. A casa.
Finalmente il pensiero prende aria, costruisce una traiettoria, acquista peso.
Siamo arrivati: il cancello si apre ed il cuore esplode.
E’ ancora di Voi che torno a scrivere.
In questo Centro la bellezza è semplice, il talento è umile e la grandezza sa farsi minuscola come un granello di sabbia.
Mi bastano questi sorrisi per riuscire a portare via tutto quello che mi ha impaurito, intristito ed indignato durante questo anno. Ma si sa, la fatica, alle volte, racchiude cose enormemente felici che sbocciano magicamente tutte insieme.
Ci abbracciamo forte finalmente e le parole iniziano a passarci tra le dita delle mani e dei piedi, come acqua che scorre, tanta è la voglia di stare insieme. Quelle stesse parole che qui sono sostegno, nutrimento, cura, attenzione, semi di cambiamento.
E’ tornato il tempo del lavoro educativo che si basa sul confronto con le storie, piccole e grandi, il dolore, la sconfitta, l’abbandono, il rancore, l’ira e l’allegria. E’ tornata la programmazione e l’improvvisazione, i colori ed i fogli di carta, la musica e le danze sotto il tukul. Torniamo a fidarci quando c’è da attraversare la stanza bendati o quando c’è da confessarci che ci siamo mancati proprio tanto. Qui dove ognuno, facendo il suo, trova il modo di incrociarsi per far diventare il “mio” ed il “tuo” qualcosa di “nostro”.
Tutto mi parla, ogni cosa aggiunge frammenti di bellezza: i colori accesi dei fiori, il verde brillate del prato, il profumo del pane dolce appena sfornato, la pioggia battente, il quotidiano “Sara, ehi Sara” urlato al mattino perché la notte è stata lunga e volevamo abbracciarci di nuovo.
“Da te posso venire senza dover indossare maschere o recitare, senza dover svendere neanche la più piccola parte del mio mondo interiore”.
Erano queste le parole di cui avevo bisogno, queste quelle che più di ogni altre raccontano i miei giorni qui, pieni solo di tutto quello che desidero avere.
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