Di Beatrice D’Agostino / foto che racconta un’esperienza di percorso clown in Honduras
La scelta di partecipare al laboratorio sui percorsi clowneschi, di arrivare fino a Milano, affrontare tutto il viaggio e mettermi in gioco ha avuto come base una motivazione molto forte: dopo un anno intenso mi sono resa conto di aver perso il contatto con me stessa, con la Beatrice a cui piace scherzare e non prendersi troppo sul serio, che ama l’ironia e il sarcasmo, che ha dentro di sé quel famoso “fanciullino” che non voleva abbandonare. Ma soprattutto, ho avuto paura di perdere l’inventiva, la creatività, che è parte, secondo me, integrante del lavoro di educatore e che permette in molte occasioni di trovare delle soluzioni alternative in situazioni educative di disagio e difficoltà.
Il Giovedì prima della partenza mi sono presa di panico: andare a Milano, città in cui non c’ero mai stata, affrontare tutti i pregiudizi che si possono avere, la difficoltà dell’integrazione nel gruppo di lavoro…vabbè! Mi sono fatta coraggio e sono partita lo stesso…tutto sarebbe andato come doveva!
Non avevo molte aspettative se non quella di arrivare puntuale, sana e salva in sede…scesa dalla metro ho seguito le indicazioni e sono arrivata! Erano tutti seduti in cerchio in quella grande stanza e, dopo essermi seduta, inizialmente ho cercato di studiare la situazione: ho ascoltato la presentazione di tutti e ho cercato di immedesimarmi in ogni partecipante; le ragazze che studiavano ancora all’università (chissà se hanno avuto le mie stesse difficoltà con l’organizzazione della facoltà, le emozioni provate agli esami, l’entusiasmo di poter intraprendere dopo un lavoro che è secondo me spettacolare); le altre mie colleghe, donne che già lavorano (chissà se hanno le mie stesse difficoltà, chissà che tecniche usano con i ragazzi); alcuni ospiti della comunità (chissà come si possono sentire tre ragazzi con tutte le loro difficoltà ad immergersi in un gruppo di sole ragazze che potrebbero essere le loro future educatrici)…insomma ho pensato molto. E poi c’era LEI…la formatrice: Giorgia. Emanava un’aura di positività e tranquillità: della serie… faremo molte “cazzate” ma tranquilli, non ci saranno giudizi; e così è stato.
Questo splendido laboratorio, solo uno dei bellissimi moduli della Valigia degli attrezzi, permette di mettersi in gioco con delle tecniche, degli esercizi e dei giochi usati nel mondo clownesco. E’ stata un’esperienza pazzesca, che anche non volendo mi ha fatto confrontare con la Beatrice di un anno fa: mi sono resa conto di essere cresciuta parecchio (non solo a livello lavorativo, ma soprattutto a livello personale), di non aver solo bisogno di conforto e di essere rassicurata ma anche di poter dare sicurezza e serenità solo guardando una persona… fermarsi e guardare negli occhi qualcuno che non conoscevi senza distogliere lo sguardo è stato il momento più intenso del percorso: credevo fosse difficile perché mi sentivo “invasa” (credo fortemente nel detto “gli occhi sono lo specchio dell’anima”) eppure l’ho fatto ed è stato più facile di quanto pensassi …un’emozione unica. Bellissimo è stato il modo di “risvegliarsi” e prender consapevolezza dello spazio e del corpo: la metafora del fango che ti ricopre e dell’acqua che lo porta via…mi ha dato modo di “sciogliermi”. Ho capito che ho i miei ritmi e i miei tempi per superare i miei limiti mentali e non (il salto della corda….ostacolo quasi insormontabile) e che nessuno può permettersi di accelerarli se non io stessa. Ho preso consapevolezza che non necessariamente uno dev’essere Bianco o Augusto, ma che può svolgere una volta un ruolo e qualche altra volta l’altro e che l’importante è farsi spalla a vicenda, fare gioco di squadra e cercare di arrivare ad una sintonia che ti permette di improvvisare, ma sempre insieme. Mi sono arricchita parecchio: non ricordo i nomi di tutti, ma ricordo i volti, le espressioni, i gesti di ogni persona che ho incontrato e con il quale ho passato un po’ del mio tempo e che, appunto, anche se per un breve periodo ha incrociato il mio cammino. I sorrisi, le risate, l’imbarazzo, le piccole vincite, tutte cose “spettacolari” che, metterò nella mia valigia degli attrezzi, portandole per sempre nel mio viaggio.
Sono rientrata a casa con una fortissima carica, con molta motivazione ed energia positiva: di questo devo ringraziare tantissimo ESF per l’opportunità e Giorgia, che mi ha accolto, mi ha permesso di essere me stessa nonostante il mio fare delle volte esuberante, che ha avuto molta pazienza e che mi ha insegnato tanto…rafforzando la mia idea della nostra personale vita come un palcoscenico di cui siamo gli attori protagonisti e non semplici spettatori. Noi mettiamo sempre delle maschere in base alle situazioni in cui ci troviamo, cerchiamo di “accomodarci” sulla scena che abbiamo davanti e ci comportiamo in base al pubblico in sala, ma la cosa principale è che una volta spenti i riflettori, tolta la maschera, interpretato un personaggio, non perdiamo il contatto con la nostra identità, con il nostro Io, sapendo di poter essere “uno, nessuno e centomila” senza perdere la rotta. Buon viaggio a tutti…
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