Scritto da Chiara Romano
Succede in un attimo, o forse in molti anni, il vento ti chiama e tu decidi di partire. Allora prepari la valigia, zaino in spalla e parti. Parti tu e lasci tutto a casa, parti senza sapere cosa ti aspetta, verso un mondo nuovo e sconosciuto, accompagnata da persone altrettanto sconosciute.
Così, tutto ad un tratto, ti ritrovi dall’altra parte del mondo, un po’ per caso un po’ per intenzione.
Un soffio di vento ci ha portate qui, nella campagna Gaucha al confine tra verdissimi prati sterminati ed un oceano immenso e profondo.
Pensavo che mi servissero le parole, ma è bastato il ritmo di una canzone. La musica qui si muove sottovoce e si insinua tra di noi e uomini forti, ma fragili come sculture di cristallo. Allora batti il piede, muovi le dita e scuoti la testa, inserisci la voce piano piano e poi sempre più in alto.
Pensavo mi servissero le parole, invece mi sono serviti gli occhi, occhi bassi e sfuggenti, occhi di bambino senza età, occhi saggi e assassini, occhi tristi ma anche felici.
Pensavo mi servissero le parole ma non ne avevo bisogno. Le parole le abbiamo costruite insieme, lettera dopo lettera, ed hanno preso spontaneamente il loro posto in questa storia, la nostra storia. Le nostre impronte sono così diverse, qualcuna più profonda, qualcuna più leggera, alcune piccole piccole ed altre molto grandi, ma sul sentiero non si distinguono più.
Oggi il vento ci ha prese di sorpresa. Il vento si è insinuato tra di noi e ci ha accompagnate sulla strada verso casa. Riprendiamo il sentiero con lo zaino in spalla, un po’ più leggero ma con il cuore pieno di noi.
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