Scritto da Francesca Cavone
Si parte sempre con alcune aspettative, come sarà questa esperienza? Quali persone incontrerò? Cosa imparerò? Cosa cambierà nella mia vita una volta tornata? In particolare però mi sono chiesta se sarei stata in grado di lasciare un segno del mio passaggio.
In questi primi giorni sono stata messa molto alla prova, in quanto più che “fare” mi è stato richiesto di esserci, di accompagnare, di stringere mani, di condividere piccoli attimi irripetibili; “Acholer promovendo vidas” è il motto del CPIJ in cui siamo stati in questi giorni, in questa struttura si respira aria di vita pura e la determinazione delle persone che ci lavorano promuovendola in ogni sua forma attraverso un intenso lavoro quotidiano basato su alcuni valori: inclinar-se, sacudir suavemente reconhecer, acolher e enxegar.
Ho imparato e vissuto l’arte dell’accoglienza, il significato più profondo della parola rispetto, l’importanza della collaborazione arrivando alla consapevolezza di non essere qui “per loro” ma “con loro” condividendo un piccolo pezzo di esistenza lasciandoci reciprocamente un po’di noi.
Il viaggio, l’altrove, permette di riappropriarsi del proprio essere, del proprio sentire in quanto scombussola, confonde, crea movimento ed in esso quasi ci si perde ma in realtà risulta essere l’ennesima possibilità di ritrovarsi; il Brasile in questo momento mi sta invitando a fermarmi, ad accogliere ciò che vivo senza la pretesa di trovarne subito un significato in quanto ogni storia che incrocerò sarà la casa in cui sentirmi, di nuovo.
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