Scritto da Elena De Luca
La casa di Huambo si trova tra vecchie lamiere ed il dormitorio; è lì che ci sediamo la sera, tra
l ‘odore di spazzatura bruciata e il sapore della polvere sulle labbra. Lì ci sediamo e ci diciamo che da quella casa non riusciamo ad andare via.
In casa è facile rimanere svegli di notte e raccontarsi, ma è ancora più facile sentire il silenzio di chi non vorrebbe vederla mai chiusa. Ci si conosce tra tisane fumanti, letti disfatti, stoffe colorate stese a terra e sogni intrappolati che annodiamo ai letti dei bambini.
In casa a Huambo abbiamo un tavolo pieno di regali per voi, aspettiamo che la vostra stanza sia vuota per farveli trovare sui letti, mentre c’è chi vi racconta una favola, quella della rosa che rende una principessa felice per sempre; che poi è anche un po’ la vostra storia perché basta poco per rendervi felici anche solo una mela caramellata e delle bolle di sapone.
A Huambo si vince sempre a tombola, non si perdono i sogni quando vai ad “assistir” in un’altra lingua, e quando si gioca non si perde mai, a Huambo tutti vincono.
Huambo è la casa che non può essere mai vuota.
E’ dove Luciano mi dice “Elena, perché chiudi la porta a chiave, è casa vostra non entra nessuno”.
E’ da quella casa che ti ho visto crescere e da dove continuo a prendermi cura di te. Da lì continuo ancora a cercarti ed ad insegnarti a leggere e a contare perché dopo tre anni ancora strizzi gli occhi per riconoscere le lettere e a tirare giù le dita per contare.
Huambo è la porta da dove bussi perché hai bisogno di un cerotto, di un limone o di una carezza senza che ci veda nessuno però, perché tu hai solo otto anni e dici di non essere più un bambino che può ricevere delle carezze. Ed è sempre sulla porta che ci scrivete BEMVINDA e dove Jota ci insegna che è importante la qualità del tempo trascorso insieme e non la quantità.
Ti guardo spesso dall’unica finestra che affaccia sul retro della casa. Non si perdono neanche i secondi quando c’è da scrutarti. Te ne stai sognante, aspettando un panorama migliore, e quando arriva il suono della campana mi guardi, strizzi l’occhio e mi dici che inizi ad aspettarmi fuori dalla casa.
Huambo è la casa di tutti, un po’ più nostra, mia.
E’ la casa di chi non riesce a non tornarci, delle partenze sprecate, di quelle che ti lasciano senza fiato e dove rompi le lacrime perché non sarebbe giusto tirarle giù.
Questa è la casa di Huambo, la mia casa, quella dove la luce non può essere spenta per troppo tempo, perché il buio è solo per chi aspetta il sole; neanche il pane lievita di notte, ma cresce tra le luci del tramonto e le preghiere delle lodi.
La casa di Huambo non può diventare la casa delle partenze, ma dello stare.
Nessuno deve fare più finta di guardarvi crescere, piangere in silenzio o dormire da soli.
Vorrei inseguire insieme i vostri sogni, e con i vostri inseguire anche il mio.
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