Scritto da Chiara Versetti
Un taglio cesareo!
Sì, hai capito bene, un taglio cesareo! Questo ha significato la partenza da Soddo, dallo Smiling Children Town.
Un taglio obbligato, non voluto, non desiderato.
E’ inutile che mi rimproveri, non ero ancora a pronta a separarmi da te; stavo bene, nutrita e cullata dal tuo ventre. Ancora una volta “Terra Mia” hai accolto le mie preghiere e ti sei presa cura di me, figlia.
Mamma Africa sei chiamata e non può che essere così.
Quanta armonia nelle tue forme, quanta musicalità nelle tue parole, quanta forza dai tuoi frutti, quanta dignità nei tuoi figli.
Come si fa a venir via da te?
Giro silenziosa, con un nodo alla gola, per le strade di quella che è definita “società civilizzata” e mi sento persa, mi sono persa. Mi guardo intorno e ovunque cerco i tuoi colori, i tuoi giganteschi e robusti alberi, le tue distese immense, i tuoi caldi e avvolgenti tramonti, ovunque cerco quelli sguardi e quelle voci che per tre settimane hanno colmato il mio cuore di una gioia infinita.
Mi sento straniera a casa mia, come è possibile?
Una leggera brezza porta al mio orecchio le parole di una nota canzone: “Voglio andare a casa. La casa dov’è? La casa è dove posso stare in pace con te, in pace con te…”
E allora comprendo il perché. Perché INSIEME A TE IO SONO IN PACE, perché INSIEME A TE IO STO BENE, perché mi hai insegnato a vedere ogni cosa sotto una luce nuova, perché le zavorre diventano leggere come bolle di sapone, perché tutto si trasforma: una lastra di alluminio, altro non è che uno slittino, un insignificante tubo di gomma una ruota giocattolo, una semplice canzone diviene una danza lunga un intero pomeriggio, le liane degli alberi un magico parco giochi, una semplice parola in walaitic, Agaga, si trasforma in un nome e l’amore… diventa casa.
Tutto in questa terra è suono, è respiro è vibrazione; tutto è presenza!
Ed io, miserabile pellegrina, ancora in cerca di una mensa da cui cibarsi e di una fonte d’acqua da cui dissetarsi, mi sento una privilegiata, perché attraverso te, ho goduto di angoli di bellezza pura, quella bellezza visibile solo agli occhi di poeti, clown e bambini.
E mentre ripenso al mio appena terminato soggiorno africano, piango; la gola si stringe, ma ciò che più duole è il ventre: non vibra più.
Parole e interrogativi, come un bombardamento, mi stordiscono la testa: CHE FARE?DOVE ANDARE? L’OCCASIONE DI UN MOMENTO O LA SCELTA DI UNA VITA? SCELTA….SCELTA CONSAPEVOLE, STAI O VAI? RIVOLUZIONE SILENZIOSA, CURA, EDUCARE COL SORRISO…me li porto ormai dietro come inseparabili compagni di viaggio.
Ancora una volta ad un incrocio: tante strade, tante storie, un’unica scelta.
Mi lascio cadere, tendo le mani e umilmente chiedo aiuto come una indifesa mendicante.
Respiro e respiro e respiro ancora…me l’hai insegnato tu: bisogna essere grati di tutto ciò che ci viene in dono. E allora ripenso alla storia del “Topo Federico” che immagazzina ricordi per il gelido inverno…Proprio così, Chiara, anzi no, Agaga, è tempo di preparare le scorte per quando “farà freddo”; ed ecco che cosa decidono di mettere nel mio zaino: ci metto l’odore di bruciato dal retrogusto speziato, che appena usciti dall’ aereoporto di Addis Abeba mi ha fatto dire: “Sono in Africa”, ci metto Abrham, l’autista del centro che ci ha fatto immediatamente un “cazziatone” perché era dalle 7:00 che ci stava attendendo. E poi ci voglio mettere tutti i Bocolò (pannocchie) mangiati nel viaggio da Addis a Soddo. E non può mancare l’emozione e il senso di smarrimento provati la prima volta di fronte ai ragazzi dello Smiling Children Town e le sagge parole di Wandesen, responsabile del centro: “Voi imparerete da loro e loro impareranno da voi”. Il nome del primo ragazzo con cui ho parlato, Menese. Ci voglio mettere tutti gli educatori che con la loro professionalità e senso di cura rendono speciale questo posto, il sorriso di Eyob e i suoi silenzi, le partite di pallavolo sotto la pioggia, la nebbia di agosto, Salamso che canta in italiano, le lezioni in walaitic e gli appunti presi sulle mani e sulle braccia. Non posso non mettere la prima volta che Yared mi ha invitato a ballare nel cerchio ritmico così come tutti i pomeriggi trascorsi a ballare in compagnia.
Dunque c’è ancora spazio…. e allora…inserisco anche le dolci e tenere parole di Abel e i suoi occhi incantevoli, l’emozione, l’energia e la commozione nel fare teatro insieme ai ragazzi. Voglio con me le mie fantastiche compagne di viaggio, che sono state conforto, riparo e sostegno in questa vacanza, tutte le risate fatte insieme, i succhi di frutta, “As long as you love me” e “One more night”, cantate a squarcia gola in macchina durante le gite. E come non metterci l’episodio del fiammifero della clinica per il mal di pancia di Angela?
E ancora…la pizza fatta con i ragazzi, l’enjira, la fede e la dignità della gente del posto,tutte le mani incontrate e gli abbracci dati e ricevuti, le olimpiadi, le treccine non fatte, il minestrone e le patate della dolcissima cuoca, la” gentilezza e la cavalleria” di Wuandacio, la caccia alla colonia di topi e ancora l’essere provvidenza di Abbà Marcello, Iddlù, Emmanuel, Atnafu, Zacka, Naghim, Gutijè, Yarid, Aklilu “Tutto fare” e Aklilu “picciriddo”, Zigaie, Masai, Aknaf, “Good eyes”, Matusalem, Mamusch, Abìti, Cherenet e il suo piccolo dono, Abusche e tutti, ma proprio tutti i “ragazzi di strada” dello Smiling Children Town, perché siete e sarete sempre testimonianza dell’ AMORE CHE CREA e DI STORIE CHE SI INTRECCIANO!
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