Scritto da Rossalla Ferrara
Quando comincio un viaggio il giorno del ritorno mi sembra così lontano, eppure, ogni volta, mi accade che, quanto più quel giorno inesorabilmente si avvicina, tanto più il tempo pare accelerare la sua corsa e le ore sembrano accavallarsi, rendendo più difficile assaporare gli attimi, fissare i ricordi. Così, quando arriva il momento di rifare le valige, non mi sento mai pronta. Si agita dentro di me il bisogno di qualche giorno, alcune ore, persino pochi minuti in più per guardare ancora un paesaggio, ascoltare i suoni ormai noti, sentire ancora una volta sapori, odori, rubare un’altra emozione.
Sulla strada del ritorno, la Carretera Panamericana CA, le immagini di questo viaggio scorrono davanti ai miei occhi, dai primi giorni, ormai fissati come ricordi, fino agli ultimi ancora vividi momenti.
Sulla strada del ritorno osservo, ancora una volta, queste immagini diventate familiari, i Pick Up con passeggeri di ogni genere caricati nei cassoni ed i costosissimi e velocissimi SUV, i brandelli di case rattoppate con mattoni di terra e fango e le splendide ville dei proprietari terrieri, i banchi di frutta e baleadas accampati sui polverosi margini e l’ingresso lussureggiante della fabbrica di Puros (sigari), il fumo proveniente dalla discarica dove bambini scavano alla ricerca di cibo e bottiglie di plastica e gli sconfinati spazi verdi dove gli stessi bambini potrebbero correre e giocare.
Sulla strada del ritorno guardo i posti di blocco della polizia e sento sotto di me il rimbalzo dei dissuasori che costringono tutti a rallentare fino quasi a fermarsi, tutti tranne chi decide comunque di passare a tutta velocità diretto o proveniente dal Nicaragua e con un carico a bordo che molti e per varie ragioni preferiscono ignorare.
Sulla strada del ritorno i miei occhi vengono catturati ancora una volta da queste interminabili piantagioni di caffè e ripenso ai ragazzi della comunità, che si svegliano anche alle 4:30 del mattino per seminare e far crescere piccole piantine, ed ancora alle verdi montagne che poi le accolgono nella propria fertile ed umida terra, finché saranno pronte a regalare il loro prezioso frutto, l’oro verde, che trasformato e traghettato dall’altra parte del mondo, diventerà la nostra pregiata, seppur scontata “tazzulell e cafè”.
Sulla strada del ritorno penso ai primi coloni che arrivarono in questa zona dell’Honduras alla ricerca della terra promessa, decisero di fermarsi ai piedi di due alte montagne e provare a seminare i primi chicchi di caffè, decisero di rimboccarsi le maniche e costruirono il loro ‘Paraiso’.
Sulla strada del ritorno penso a questa Carretera, la più lunga del mondo, una rete di strade che misura approssimativamente 48000 km e che attraversa tutto il continente Americano srotolandosi, da nord a sud, dall’Alaska alla Patagonia, come una matassa di filo, e mi ritorna in mente l’immagine del nostro mondo immaginario, il mondo ESF, disegnato insieme ai bambini nel polveroso cortile della scuola; un mondo dove i paesi si accampano in maniera apparentemente disordinata e aerei ed aquiloni per raggiungerli; un mondo che prende vita quando i bambini alzano le braccia al cielo, trasformandosi in un immenso sole; un mondo pieno di colori, che unisce con raggi fatti di perline di cannucce, pronti a diventare un prezioso gioiello da custodire, un pezzetto di mondo da portare con se.
Sulla strada del ritorno osservo gli autobus color arancio che portano i bambini a scuola, quei bambini entrati nel mio universo con i loro profondi occhi pieni di vita, nonostante tutto. Osservo le loro facce spuntare dai finestrini, facce che si coloravano di rojo, azul, amarillo e che si illuminavano di sorrisi durante i giochi: e poi mani, tante mani colorate, piccole e poi grandi mani a disegnare insieme l’albero della vita, una vita ancora tutta da vivere o da ritrovare.
Sulla strada del ritorno chiudo gli occhi ed una domanda appare nitida: COSA SIGNIFICA RITORNARE? Il dizionario specifica che vuol dire tornare indietro al luogo, alla situazione, alla condizione in cui ci si trovava precedentemente, ma siamo davvero in grado di farlo? Vogliamo davvero farlo? Quando si parte per un viaggio non si può mai tornare indietro veramente, lasciamo sempre una parte di noi per strada e ci portiamo via un pezzetto di quello che incontriamo. Quando si prende la strada del ritorno non sarà mai la stessa strada perché noi avremo altri occhi. Ma forse è proprio questo che cercavamo.
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