Scritto da Elisa Agnolin
Canta con la voce e con il cuore, danza con ogni singola parte del tuo corpo e soprattutto SUONA…suona come sei, suona come sai, suona finchè la musica non diventa parte di te, suona finche non riesci a sentire la cassa di una piccola chitarrina che vibra a contatto con la pancia.
Suona anche se le dita si riempiono di calli e le corde delle chitarre saltano, continua a suonare perchè da piccoli accordi stimpellati e stonati possono nascere fantastiche melodie.
E’ proprio quello che i giovani abitanti della comunità Exodus di Nyagatare stanno facendo da una settimana: semplicemnete suonano e semplicemnete sono felici. Le lezioni di chitarra sono iniziate da poco più di una settimana…”Ma chi me l’ha fatto fare?!”, ho pensato esattamente due minuti dopo aver accettato la proposta, però non ho resistito. Avreste dovuto vedere le espressione dei ragazzi quando abbiamo portato nel patio le dieci chitarrine adatte forse ai bambini: un misto tra l’estasiato, l’impaurito e l’incuriosito. Così, senza sapere esattamente chi me l’ha fatto fare, è iniziata la prima lezione di chitarra!
L’inglese! Mamma mia…lezioni di chitarra in inlgese…ma tanto la lingua non ha alcuna importanza con dei ragazzi che hanno così tanta voglia di imparare. Dieci! Mamma mia! Lezioni di chitarra a dieci ragazzoni con le unghie lunghe, non del tutto profumati…ma tanto quando sono le orecchie e il cuore a dover funzionare il naso non serve più. Io? Mamma mia! Io che do lezioni di chitarra in Africa a ragazzi che hanno il ritmo nel sangue e che al posto di camminare danzano…ma tanto basta essere se stessi perchè il ritmo è universale e fa battere i cuori all’unisono. Ecco che la nostra avventura musicale è iniziata e sta tuttora continuando, day by day tutti fanno passi da gigante, in tre giorni hanno imparato i primi accordi ed ora stiamo preparando una piccola canzoncina. Sono così intraprendenti e felici di sperimentarsi in un modo diverso di esprimersi che, al termine della lezione che si svolge subito dopo cena, rientriamo in camera fischiettanti e sorridenti. Due giorni fa si sono costruiti in modo del tutto autonomo dei pletri utilizzando la plastica di vecchie bottiglie o di barattolini di yogurt trovati per terra: con un piccolo temperino hanno sagomato il materiale. Ecco che alla lezione serale tutti avevano un pregiato prodotto di artigiananto tra le mani ed un enorme sorriso soddisfatto sulle labbra. La soddisfazione è immensa e molto perticolare, va oltre la propria persona, non nasce da me, è ormai diventata un sentimento comune: parte dei ragazzi e abbraccia tutti coloro che capitano nel loro raggio di suono. Si trasforma in felicità e diventa contagiosa. Ed ora: tu njyende gucuranga! (Andiamo a suonare!)
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