Scritto da Riccardo Tognelli
Il viggio inizia da qui. Inizia di lì. Inizia da là, di qua. Inizia da dove? Inizia da quando? E perché inizia?.
Penso a piedi, Tanti piedi. Li vedo in fila, che marciano.
Penso ad altri piedi solitari, ma sempre accoppiati.
Fanno rumore, tutti. Tanto. Tum tum tum tum. C’è chi corre, chi cammina, chi è fermo, c’è chi sosta, chi gira, chi svolta. Rumore di passi ovunque.
Odore di orme nell’aria. Orme già tracciate e orme che non lo sono ancora, però sono lì. Non vengono e non verranno mai cancellate. Sono una traccia del nostro passaggio: da un posto, da un dove, da un quando. Sono una traccia del nostro passaggio alla vita. Del nostro passato, presente e futuro. Sono la testimonianza del poter dire:”Sì, io c’ero”, “Non c’ero”, “Volevo esserci”…
Il mio piede è caldo, duole, vuole battere e scivolare, vuole lasciare una traccia del suo passaggio. Vuole credere che il suo rumore si possa sentire a millemila di distanza. Sì, millemila. Millemila. Millemila tutto. Millemila chilometri, centimetri, millemila secondi, millemila anni.
Millemila piedi, spanne, secoli, millemila millisecondi, millimetri. Millemila orologi. Millemila braccialetti, leoni, calzini, case, strade, persone, bar, architravi, tempi, fulmini, temporali.
Sì, si deve sentire a millemila di distanza.
È il mio segno urlante che grida:”Io c’ero”, “Io ci sono”, “Ho vissuto davvero”.
A millemila da me si deve sentire.
A millemila.
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