Scritto da Lorenza Perigolo
“Quando feci il primo viaggio in Sudamerica avevo trent’anni, non ero mai stato in Paesi esotici, lontanissimi e che immaginavo molto pericolosi. Ero allegro e incosciente al punto di non sapere che, se partire alle volte è difficile, tornare lo è ancora di più, specialmente se la destinazione è affascinante, complicata e contraddittoria, con tutta la seduzione delle cose estreme.” (“Yo no soy gringo”, E. Rigatti). All’aeroporto una stanchezza inconsueta … sì, perché alle volte c’è una stanchezza che ti assale all’inizio del viaggio e non alla fine, quando si è entusiasti ed euforici perché, si sa, in cammino ci si carica di possibili rinascite. Dentro sentivo scalpitare l’ebbrezza di un mondo sconosciuto e dell’avventura! Ero estasiata dal senso di libertà che respiravo! L’ho desiderato, sognato e cercato con caparbietà questo viaggio: un viaggio forte, avventuroso, che mi scombussolasse e ridimensionasse. Ed è arrivato con velocità inaspettata e la potenza di un’onda impetuosa! Così è l’Honduras: la sua realtà povera e violenta ti squarcia dentro; ti travolge e ti costringe all’apnea; frantuma con freddezza i lati forti del tuo carattere facendoti sentire spesso fragile e impotente. L’Honduras, variegata e dimessa nei colori dei suoi bario o nel grigiore delle città, mi ha fatto scoprire i volti di un mondo sofferente e crudo sin dall’infanzia: sguardi di bambini spenti, arrabbiati, impauriti, persi. Eppure, entrando nei cortili asfaltati delle scuole e nelle case di accoglienza, sono bastati pochi istanti per essere travolta e soffocata dalla valanga dei loro sguardi curiosi, dai sorrisi pieni di stupore e dalla stretta delle loro mani. Per mezz’ora il Circo Caravana ha restituito loro la spontaneità e la spensieratezza dell’infanzia, li ha portati in volo e accarezzati attraverso la meraviglia di uno spettacolo semplice, magico, affascinante: li ho sentiti ridere a squarciagola da dietro le quinte e il cuore mi si è gonfiato di commozione ad ogni loro risata. L’Honduras ti fa perdere il baricentro, ti trascina giù, ma può anche farti scoprire quanta forza si nasconde dietro la vulnerabilità e la fragilità del nostro essere. Ed io l’ho scoperto attraverso l’impegno che i ragazzi di Casa Juan Pablo mettono ogni giorno nel duro lavoro della terra e ancor più nella faticosa risalita verso la libertà dalla dipendenza. L’ho scoperto guardando i loro visi sorridenti di pagliacci impacciati, nel loro prodigare carezze, allegria e ascolto ai bambini che incontravamo. L’Honduras, il viaggio che cercavo… il viaggio che mi ha messa in discussione, che mi ha fatto riscoprire il valore dell’umiltà, della semplicità, dell’unione, dell’essenzialità… il viaggio che mi ha “rovesciata come un calzino” aprendo nuove strade al mio essere.
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