Scritto da Daniela Sangiorgi
Conosco Esf da quando, nel 2005, l’associazione è stata presentata a Viterbo e da lì ho sempre sentito parlare di Madagascar, come prima sede dell’esperienza internazionale di Exodus.
Da 8 anni nella mia mente l’immagine del Madagascar è cresciuta, si è arricchita sempre di più di dettagli, di colori, di nomi. Grazie ai racconti degli Esf e alla mia immaginazione, sono partita per questo viaggio con l’idea di conoscere già il posto in cui sarei arrivata e invece, quando il Madagascar tanto sognato è diventato realtà è stato un duro risveglio.
Qui ho trovato la povertà nel corpo di un uomo denutrito che si trascinava sulla strada, senza riuscire a stare in piedi e la difficoltà, quasi impossibilità, di riuscire ad aiutarlo, pur mettendo insieme tutte le conoscenze possibili e coinvolgendo autorità e mondo religioso. E quanti come lui ci sono in questo Madagascar, così nuovo per me eppure così conosciuto.
Insieme a questo ho trovato quello che tante altre volte avevo visto e sentito, con gli occhi e con il cuore. Perché l’Africa ricorda l’Africa, la richiama alla mente sempre uguale, sempre ricca e sempre povera, con i suoi bambini, le donne cariche di ogni genere di peso, i tramonti dipinti e la terra rossa, e allora quello che ho vissuto in altri viaggi, in un’altra Africa, alla fine mi riporta sempre a me, mi pone di fronte uno specchio brutale, capace di mostrare anche quello che c’è dentro, la parte più intima e nascosta.
Così in una settimana dal mio arrivo ho capito che qui, in Madagascar, Ambalakilonga rappresenta un’oasi di bellezza, di semplicità e cura, di amicizia e grande attenzione all’educazione di bambini e ragazzi, dove si respira un clima di famiglia e ne ho capito l’importanza in questo tempo e in questo spazio.
Qui, in Madagascar, ho capito che il Madagascar esiste davvero.
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