Scritto da Gabriella Ballarini
Monteriggioni ha regalato tre giorni alla lentezza, tre giorni di cammino e di racconti.
“Si scrive con i piedi” ci esorta Paolo Rumiz dal palco e incalza ancora “i piedi sono importanti, da loro dipende il mio portamento e il mio modo di guardare il mondo”.
Prendersi tre giorni per cambiare ritmo e ascoltare chi ha camminato mettendo in atto quella che chiameremo “la rivoluzione dell’andare”. Esf c’era, per interrogarsi, per indagare su questa rivoluzione che si fa metodo, su questa grammatica dei passi che dilatano la strada aprendo tutti i nostri mondi, tutte le infinite prospettive dei nostri sguardi che vivono sulla linea del possibile e non si lasciano incantare dalla sospensione del tempo, ma lo trasformano in un tuffo, un varco, un’impronta che vedrà solo chi cammina dietro di noi.
Lo sguardo del camminante rincorre i desideri, Gimmi Basilotta, nel suo monologo “Viaggioadaushwitz a/r” ad un certo punto dice: “Si era già immaginato tutte le foto che avrebbe incontrato e si mise in viaggio per poterle trovare”. Altro elemento dell’andare sono le aspettative, i desideri che hanno forma e colore e quelli che si costruiscono tra un pasaggio e l’altro, tra un incontro e l’altro.
Gli incontri, quelli camminati da Andrea Bocconi nel suo laboratorio itinerante, dove tutto acquisisce una sua sacralità, dai sapori agli odori, tutti i sensi chiamati a raccolta per comprendere che l’intrigo dei fruscii e la meraviglia di ritrovarsi nel bosco vivranno dentro di noi, ben oltre lo spazio di un sentiero.
“La velocità è una galera che dilata le distanze all’infinito” così ci congeda Paolo Rumiz e la perentorietà di questa affermazione scatena una domanda, la cui risposta mi auguro si legga nelle vite che conduciamo e nei sogni che coltiviamo: “siamo pronti per decidere di dare un senso alla nostra personale rivoluzione dell’andare?”.
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