Scritto da Gabriella Ballarini
“La mia idea di educazione”, questo il titolo dell’incontro con le studentesse della New York University. Sociologia, psicologia e assistenza sociale: questi gli indirizzi di studio delle ragazze. È stato un bell’incontro, dove molti punti di vista si sono incrociati ed hanno originato interessanti riflessioni sul significato che diamo all’educazione, di come questo viaggio possa vivere di diverse geografie, ma di un’unica radice: l’essere umano.
“La mia idea di educazione è cambiata un po’ dopo l’incontro”, scrive una delle studentesse. La nostra idea di educazione deve essere sempre in continua evoluzione.
“Dovete prima di tutto credere nell’incontro e nella relazione e solo successivamente pensata alla risoluzione del problema, del disagio, dello svantaggio”, queste solo alcune indicazioni che abbiamo condiviso con le ragazze.
Al termine delle nostre due ore insieme ognuno si concede qualche minuto per un breve scritto e Donna ci dice: “L’educazione è un processo creativo che si esplicita attraverso la relazione”: questo l’assunto finale che vorrei tenere a mente.
Ci siamo salutate, con la promessa di ripetere ancora l’esperienza dopo questi due anni di incontri.
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Salve, sono un laureato in scienze del servizio sociale, ho letto le intenzioni e le idee riguardo l’educazione, e pare che sia un discorso che inizia e finisce sotto l’egida della figura della donna. Pare che sia di esclusivo dominio femminile tutto l’iter che riguarda la stessa pedagogia da seguire, affinchè, appunto, si sviluppi il progetto educativo. La figura del padre, viene sempre relegata ad un’interazione passeggera che, nel migliore dei casi, fà da riferimento tra ciò che attiene le relazioni con i gruppi, e non già, come dovrebbe essere (e come storicamente è stato individuato) trave insostituibile del progetto educativo.
All’educatore di sesso maschile vengono affidati soprattutto compiti correttivi, per individui deviati, spesso nei primi acuti risultati di tale devianze, proprio al pari di un compito di controllo e per la “rinascita” verso un’interazione “normale”, escludendo, per esempio, l’attiva partecipazione degli individui in un progetto “familiare” di “responsabilità paterna”.
Trovo perciò abbastanza sterile, un progetto educativo senza la rilevazione fondamentale della figura paterna. L’educazione è una “proposta di libertà” – senza il padre, non si istituisce la coattività delle regole e non si formano i “mattoni” duraturi del percorso pedagogico – educativo dell’individuo.
Andrea Vergalito