scritto da Elisa
Lei si chiama Lydie, il nome l’ho letto sulla sua cartella clinica in ospedale, perché prima non lo sapevo. Vive in un villaggio di case impastate con la terra rossa, non molto distante da Ambalakilonga. È strano come a distanza di pochi metri il paesaggio varia, quello rispetto al nostro “villaggio” sembra un altro posto, è immerso nella natura, nelle risaie, li da loro non c’è acqua corrente e neanche l’elettricità. Lydie vive in una piccola casetta con sette figli e un marito, hanno solo 2 letti. Lei come tutte le sue amiche vende le palamboise, palline di manioca fritte nell’olio, sulla strada principale vicino al loro villaggio. Un mese fa Lydie è andata in ospedale, l’unico ospedale pubblico della città e dintorni perché aveva un forte mal di denti. I dottori hanno pensato che fosse un glaucoma, allora l’hanno operata, ma senza anestesia perché nell’ospedale pubblico è il paziente che compra tutti i farmaci persino l’anestesia e lei non aveva i soldi, nonostante Rosario gliene avesse dati per pagare le medicine, ma evidentemente non le sono bastati. Lydie ci ha raccontato che al momento dell’operazione, non hanno trovato il glaucoma che aspettavano e allora hanno aperto più giù, sul collo,ma non trovando niente neanche li hanno aperto il seno e ne hanno prelevato un pezzo fino ad arrivare ad aprire sotto il braccio tra il seno e la schiena. Poi si sono fermati. Purtroppo per Lydie, dopo l’operazione non l’hanno suturata, lei si lamentava troppo hanno detto i medici, ma soprattutto non aveva più soldi per rimanere in ospedale e forse non aveva neanche più le forze per continuare a soffrire cosi tanto. Cosi Lydie è tornata a casa dai suoi sette figli, con tutta la ferita aperta senza neanche un punto di sutura, le donne del villaggio hanno iniziato a curarla con i rimedi naturali, le facevano degli impacchi di cenere di bucce di banane e saliva umana. Quando l’ho vista io ormai la pelle stava iniziando ad andare in cancrena, l’ampia ferita le partiva dal collo, ma non era un semplice taglio era pelle lacerata, si vedevano gli strati inferiori della pelle, aveva una parte del seno aperta, le si vedevano dei cumuli di grasso e ghiandole e il resto della pelle ormai secca le cadeva a penzoloni. Sotto il braccio tra il seno e la schiena aveva un buco enorme contornato da brandelli di pelle morta, cenere, e parti bianche che forse era grasso. C’era malodore nella sua minuscola casa e c’erano anche tante mosche. Lei era seduta sul letto nuda e avvolta in un lenzuolo sporco ,ma la ferita la lasciava all’aria. Lydie in ospedale non ci voleva più andare, era terrorizzata dal dolore che aveva provato durante l’operazione e quando dopo avevano cercato di rimuoverle la pelle rimasta, per pulire la ferita. L’abbiamo fatta visitare da una dottoressa locale, ma lei non essendo chirurgo poteva fare ben poco, non capiva, lanciava delle ipotesi sul perché i suoi colleghi medici avevano fatto quello scempio, ma non capiva.
In quei giorni a Fianarantsoa è arrivato un gruppo di medici italiani, Rosario ha chiesto loro di vederla e così è stato. Lydie è stata operata l’indomani della visita e ora sta bene. Una cosa fra tutte mi ha colpito, mentre aspettavamo nel parcheggio dell’ospedale in macchina, prima di essere ricoverata, lei mi ha parlato dei suoi figli. Doveva sentire molto dolore Lydie considerando che poco prima le donne del villaggio le avevano ripulito la ferita dai residui di cenere e considerando che stava aspettando in macchina da più di un’ora sotto il sole. Sicuramente doveva avere anche paura dopo l’esperienza terrificante dell’operazione senza anestesia. Nonostante questo lei ci ha parlato dei suoi figli, del fatto che nessuno dei sette studiava, a causa dei loro problemi economici. È stata una gioia quando qualche giorno dopo i suoi figli sono andati a trovarla in ospedale e le hanno raccontato che di li a qualche giorno avrebbero studiato tutti. Una gioia per lei e per noi.
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